«Io non sono pessimista, sono realista. Questo virus va studiato giorno per giorno, senza pregiudizi. E ad oggi non vi sono evidenze scientifiche che sia mutato e che sia...
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Professore, però ci sono sempre meno pazienti in terapia intensiva, è innegabile.
«Le rispondo in modo semplice: quando avremo le informazioni che il virus è sparito, che il virus è diventato buono, lo leggeremo sui giornali scientifici. Per ora non abbiamo prove».
Come mai ci sono meno casi gravi?
«Si tratta di una cosa differente, semplicemente il virus circola di meno. E se il virus circola di meno, ci sono meno persone che se lo prendono e così ci sono meno casi gravi. Attualmente, non c'è nulla che faccia pensare che il virus sia cambiato. Appena saranno disponibili nuove informazioni, sarà un piacere poterle commentare».
Lei non vuole essere inserito tra i catastrofisti, ma dice che deve parlare la scienza.
«Esattamente. Io sono molto contento che i casi diminuiscano. E diminuiscono perché abbiamo messo in campo misure draconiane di contenimento. Ma non risultano dati scientifici da quasi 35 mila sequenze al mondo che ci facciano pensare che il virus sia cambiato».
C'è anche chi sostiene che i nuovi casi siano meno gravi perché è minore la carica virale che viene trasmessa poiché stiamo prendendo molte più precauzioni, tra distanze e mascherine.
«No, non sono convinto che sia un problema di precauzioni. Il virus circola di meno e così la gente ha esposizione a minori quantità di virus».
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Non esiste, dunque, la fazione dei catastrofisti.
«No. La differenza è tra chi è realista e chi lo è di meno. Io non parto da posizioni prevenute. Quando ci saranno dati scientifici pubblicati, sarà un piacere commentarli. Sono felice perché non ci sono più tante persone in rianimazione; ma se non avessimo fatto tutto ciò che abbiamo fatto come sarebbe andata a finire? La polemica è inutile e sterile. E dobbiamo essere fieri di ciò che si è fatto. Purtroppo in Lombardia c'è stata una situazione molto grave, difficilmente affrontabile. Questa malattia si valuta giorno per giorno, i dati del monitoraggio una volta alla settimana».
Ci sarà una seconda ondata?
«Ripeto: giorno per giorno. C'è chi dice che la seconda ondata arriva a settembre, ottobre...Io invece dico: è troppo presto per le previsioni. Questa esperienza ci consentirà di rimettere in ordine sia l'assistenza territoriale, sia l'assistenza ospedaliera. Pensiamo a migliorare il servizio sanitario pubblico. Il pubblico è l'unica garanzia per i cittadini, l'ancora di salvezza anche per il futuro. Non il privato». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero