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Il piano d’immunizzazione è massiccio: entro agosto l’India punta a vaccinare 300 milioni di persone. Il continente, che ha registrato il maggior numero di casi di Covid-19 al mondo dopo gli Stati Uniti, in soli due mesi ha somministrato le fiale a più di 12 milioni di dipendenti del sistema sanitario. Adesso scatta la fase due della campagna vaccinale che, a differenza di quanto succede in Italia, è stata estesa da subito agli ultrasessantenni e agli over 45 con patologie. Il segreto per correre più in fretta è utilizzare un vaccino interamente prodotto nel Paese. Ma cosa sappiamo di questo farmaco? Si chiama Covaxin, è a base di virus inattivato, è stato sviluppato interamente in India dalla Bharat Biotech e dall’Indian Council of Medical Research, ente di ricerca governativo. È stato somministrato anche al primo ministro indiano, Narendra Modi, che ricevuto la prima dose il primo marzo, dando così il via ad un’accelerazione della campagna di immunizzazione nel continente.
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Covaxin è stato approvato all’inizio di gennaio dal regolatore dei farmaci indiano per l’uso limitato di emergenza. Il via libera all’utilizzo è arrivato insieme a quello per il vaccino di Astrazeneca. Entrambi hanno uno schema vaccinale a due dosi: Covaxin, risultato efficace all’80%, viene somministrato in due tranche a distanza di 28 giorni l’una dall’altra. Come per il farmaco messo a punto dall’Università di Oxford, anche Covaxin, chiamato BBV152, può essere conservato a temperature comprese tra i 2 e gli 8°C.
L’azienda produttrice Bharat Biotech, per placare le polemiche, aveva fatto sapere che «Covaxin è stato valutato in circa 1.000 persone in studi clinici di fase 1 e 2, con risultati promettenti in termini di sicurezza e immunogenicità, con l’accettazione in riviste scientifiche internazionali peer-reviewed».
Nella fase 1 un test clinico condotto su 375 partecipanti (età da 18 a 55 anni) ha valutato sicurezza e immunogenicità di tre diverse formulazioni del vaccino, che si basa su una forma inattivata di Sars-Cov-2. I dati della sperimentazione sono stati pubblicati il 21 gennaio sulla rivista scientifica The Lancet. Lo studio di fase 2 è stato condotto su un totale di 380 partecipanti di età tra 12 e 65 anni. Dai primi risultati arrivati al termine della fase 3 - che si è conclusa alla fine di febbraio - è emerso che il vaccino Covid-19 finanziato dallo Stato indiano è efficace per oltre l’80%.
La società farmaceutica Bharat Biotech ha affermato che i risultati iniziali degli studi di fase tre su 25.800 volontari hanno mostrato che solo 7 persone che avevano ricevuto le due dosi complete del vaccino sono risultate positive al virus entro due settimane. L’analisi del National Institute of Virology ha mostrato che il vaccino sarebbe efficace contro la variante inglese, mentre sono state registrate poche reazioni gravi all’immunizzazione. Per raggiungere il suo obiettivo - avendo immunizzato finora poco più di 16 milioni di persone in tutto - l’India dovrà vaccinare circa 50 milioni di persone al mese da marzo in poi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero