Vaccini, studio del San Raffaele: «Gli anticorpi restano nel sangue almeno per otto mesi»

Vaccini, studio del San Raffaele: «Gli anticorpi restano nel sangue almeno per otto mesi»
«Gli anticorpi neutralizzanti contro Sars-CoV-2 persistono nel sangue per almeno otto mesi dopo l'infezione». È quanto evidenzia una ricerca condotta...

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«Gli anticorpi neutralizzanti contro Sars-CoV-2 persistono nel sangue per almeno otto mesi dopo l'infezione». È quanto evidenzia una ricerca condotta dall'Irccs San Raffaele di Milano in collaborazione con l'Istituto superiore di Sanità. Secondo lo studio, «gli anticorpi neutralizzanti persistono nei pazienti fino ad almeno otto mesi dopo la diagnosi di Covid-19, indipendentemente dalla gravità della malattia, dall'età dei pazienti o dalla presenza di altre patologie. Non solo - evidenziano i ricercatori - la loro presenza precoce è fondamentale per combattere l'infezione con successo: chi non riesce a produrli entro i primi quindici giorni dal contagio è a maggior rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19».

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Lo studio è stato condotto seguendo nel tempo 162 pazienti positivi al SarsCoV2 (di cui il 67% maschi e un'età media di 63 anni), con sintomi di entità variabile, che si sono presentati al pronto soccorso del San Raffaele durante la prima ondata della pandemia. I primi campioni di sangue sono stati raccolti a marzo-aprile 2020, mentre gli ultimi a fine novembre 2020. Il 57% dei malati studiati soffriva di una seconda patologia, oltre al Covid-19 al momento della diagnosi: ipertensione (44%) e diabete (24%) le più frequenti. Su 162 pazienti, 134 sono stati ricoverati. Si è così visto che la presenza degli anticorpi neutralizzanti, pur riducendosi nel tempo, è risultata molto persistente: a otto mesi dalla diagnosi erano solo tre i pazienti che non mostravano più positività al test, e questo indipendentemente dall'età dei pazienti o dalla presenza di altre patologie.

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Il 79% dei malati arruolati ha prodotto questi anticorpi entro le prime due settimane dall'inizio dei sintomi. «I pazienti incapaci di produrre anticorpi neutralizzanti entro la prima settimana dall'infezione - spiega Gabriella Scarlatti, coordinatrice della ricerca - andrebbero identificati e trattati precocemente, in quanto ad alto rischio di sviluppare forme gravi di malattia». Dai dati analizzati i ricercatori hanno anche verificato che la riattivazione degli anticorpi pre-esistenti per i coronavirus stagionali (come quelli del raffreddore) non rallenta la produzione degli anticorpi specifici per il SarsCoV2 e non è associata ad un maggior rischio di forme gravi di Covid-19. I risultati di questo studio «ci danno due buone notizie - conclude Scarlatti - La prima è che la protezione immunitaria data dall'infezione persiste a lungo. La seconda è che la presenza di una pre-esistente memoria anticorpale per i coronavirus stagionali non costituisce un ostacolo alla produzione di anticorpi contro il SarsCoV2». Il prossimo passo sará capire se queste risposte efficaci si mantengono anche con la vaccinazione e contro le nuove varianti circolanti. 

 

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Il Messaggero