Vacanze, la psicoterapeuta Giulia Maffioli: «Uscire dalla comfort zone ed esercitare la curiosità»

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Se desideriamo tutto l’anno, e poi spesso ci lasciano insoddisfatti. Ascolta: Battere il caldo estremo. Con il consiglio di Gregorio Paltrinieri. E voi siete tipi da mare o...

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Se desideriamo tutto l’anno, e poi spesso ci lasciano insoddisfatti.

Giulia Maffioli, presidente dell’Associazione Nazionale Psicologi Psicoterapeuti, ci aiuta a capire quale vacanza scegliere, e con che atteggiamento partire.

Esiste la vacanza perfetta? Quali sono gli errori che facciamo scegliendo dove e come andare?

«Andare lontano o spendere molto non garantisce una vacanza felice. Si può tornare felici o delusi sia da un soggiorno a pochi chilometri da casa, sia dall’isola tropicale dei nostri sogni».

Il vero problema sta nell’atteggiamento?

«Sì, ed è utile partire dalla parola “vacanza”, che significa vuoto, libertà. Già dire “vado in vacanza” è un errore. Bisogna “essere” in vacanza, staccare dalla vita quotidiana. Anche se restiamo a casa».

Molti di noi prima di una vacanza hanno aspettative esagerate. Come ci dobbiamo comportare?

«Il grande errore è tentare di riempire in tutti i modi la vacanza. Fare, fare, fare…».

È un atteggiamento causato dai social? Più del viaggio contano le immagini da postare su Instagram o Facebook?

«La voglia di fare bella figura c’è sempre stata, i social l’hanno amplificata. Chi parte per dimostrare agli altri che sa fare cose eccezionali parte col piede sbagliato».

Si può parlare di tipi da mare e tipi da montagna? Ci disegna i due profili?

«Il nostro essere e il nostro vissuto ci spingono verso l’uno o l’altra. La voglia di montagna racchiude il desiderio di sfida, di guardare il mondo e la natura, dall’alto. Anche facendo cose semplici, senza andare in parete. Il mare invece ci accoglie, ci coccola, ci fa sentire a casa».

I suoi consigli per una buona vacanza?

«Il primo è di accettare se stessi, di capire i propri bisogni profondi. Il secondo è la curiosità. Verso i posti dove andremo, ma anche verso noi stessi e verso gli altri».

Sui compagni di viaggio esiste una letteratura sterminata. Come sceglierli, se li possiamo scegliere?

«Bisogna capirsi, conoscersi, confrontare le aspettative prima di partire. È impressionante quante amicizie e quante coppie, che si credevano solide, sono state rovinate da un viaggio sbagliato».

Può spiegare meglio?

«Anche se si parte insieme le esigenze sono diverse. C’è chi s’interessa solo alle spiagge, chi vuole solo i musei, chi si concentra sui ristoranti. Il rischio di incomprensioni è altissimo».

Ci sono viaggi più o meno esposti a questo rischio?

«Sì. In una grande città ci si può separare, e ognuno può approfondire quel che vuole. In un trekking ognuno va al suo ritmo, e le tensioni si stemperano».

I viaggi più pericolosi per i rapporti con gli altri?

«Un lungo percorso in auto o in un pulmino costringe a stare gomito a gomito, ma il vero test è una vacanza in barca a vela. Si sta vicinissimi, si condivide tutto, prima di partire meglio provare per un week end».

Una volta c’era la villeggiatura. Ci si trasferiva in una pensione o in un albergo, dove qualcuno si occupava di cucina, bucato e pupi. I villaggi turistici sono la versione moderna di questo?

«L’essere curiosi e scoprire cose nuove dovrebbero privilegiare nelle scelte. Ovviamente si è liberi di tornare ogni anno nella stessa località e nello stesso stabilimento. Importante è come si sta quando si è di nuovo a casa».

Da come ne parla, però, sembra che lei non condivida questo modo di fare.

«Io credo che uscire dalla propria comfort zone, dall’angolo di mondo a cui siamo abituati, faccia bene. La vera vacanza secondo me consiste nell’esercitare la curiosità, nello scoprire qualcosa di nuovo. Si può fare anche vicino a casa nostra, ripeto. Anche solo all’interno di noi stessi».

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Il Messaggero