Tumori, dalla genetica le nuove armi per combattere le recidive

Tumori, dalla genetica le nuove armi per combattere le recidive
Le nuove frontiere nella cura e comprensione dei tumori sono rappresentate dalla genetica e dalle ultime tecniche di sequenziamento, unite all'analisi di grandi banche dati....

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Le nuove frontiere nella cura e comprensione dei tumori sono rappresentate dalla genetica e dalle ultime tecniche di sequenziamento, unite all'analisi di grandi banche dati. Lo dimostrano due nuovi lavori. Il primo, sviluppato dall'Embl (European Molecular Biology Laboratory) di Heidelberg e dal Centro di regolazione genomica (Crg) di Barcellona, è un metodo per individuare e sequenziare le cellule staminali dei tumori, le più sfuggenti e pericolose. L'altro, dell'università di Genova, è un test genetico che potrà stabilire la singola risposta dei malati di tumore all'immunoterapia.

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«Le tecniche della genetica, e in particolare quelle a sequenziamento a singola cellula, sono in vero fermento e stanno segnando una rivoluzione, che ci aiuterà a comprendere non solo i tumori, ma tutte le malattie», spiega  Massimiliano Pagani, dell'Ifom (Istituto Firc di oncologia molecolare). Un esempio è appunto MutaSeq, il metodo sviluppato per ora per le leucemie, dai ricercatori dell'Embl e Crg, che permette di distinguere le cellule staminali tumorali da quelle tumorali mature e dalle altre cellule staminali sane, sulla base della loro genetica. Le cellule staminali tumorali hanno un ruolo importante, perché potendo replicarsi all'infinito, riescono ad eludere la chemioterapia e sono responsabili delle recidive. «Questa tecnica consente di analizzare in contemporanea l'Rna messaggero, mutazioni del Dna e Dna mitocondriale. In sostanza si combinano tecnologie già presenti, unendole in modo innovativo», continua Pagani. In questo modo si può capire, partendo da una singola cellula, se è una staminale, e poi se è sana o tumorale.

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Davide Bedognetti, dell'Università di Genova e Direttore del Cancer Program del Sidra Medicine di Doha, con l'università della California di San Francisco, ha invece posto le basi per avere un test genetico capace di prevedere la risposta del singolo malato di tumore all'immunoterapia. Analizzando quasi 11 milioni di varianti geniche, su oltre 9.000 pazienti con 30 diversi tipi di cancro, il gruppo di ricercatori da lui coordinato ha capito che è da alcuni geni che dipende l'efficacia o meno di questa terapia, che finora si è rivelata fallimentare nel 60-80% dei casi. Sono riusciti infatti a individuare dei geni che regolano il sistema immunitario. Si tratta di 20 regioni del Dna che hanno un effetto immunoregolatorio, tra cui quelle che controllano la via dell'interferone, un meccanismo che viene attivato anche durante la risposta antivirale e in alcune malattie autoimmuni, come il diabete di tipo 1.

Bedognetti ha visto in particolare che alcuni pazienti hanno dei geni per proteine del sistema immunitario che equipaggiano il paziente con un bagaglio di armi antitumore, favorendo l'azione anticancro spontanea delle difese immunitarie. Altri invece hanno dei geni che non favoriscono la lotta al tumore da parte del loro sistema immunitario. Il prossimo passo sarà mettere a punto dei test genetici per prevedere chi risponderà alle immunoterapie, in modo da personalizzare le cure e sviluppare farmaci immunoterapici ad hoc per chi non risponde alle cure. 

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Il Messaggero