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La speranza di vita dei pazienti con tumore alla prostata, fino a pochi anni fa, era di sei mesi. Oggi si avvia a superare i cinque anni, grazie alla diagnosi precoce, ai progressi diagnostici e terapeutici e al lavoro che coinvolge pazienti, caregiver e clinici. Per far conoscere l'importanza di questo gioco di squadra Pfizer ha promosso, in collaborazione con Europa Uomo e la Federazione italiana di Rugby, la campagna di comunicazione e informazione "Men's pro". Obiettivo: sensibilizzare il grande pubblico e aiutare i pazienti a superare il senso di isolamento legati a questa patologia.
Ma come viene trattato oggi il tumore alla prostata? "Le opzioni sono molteplici e si differenziano In base allo stadio della malattia - spiega Alberto Briganti, professore ordinario di urologia all'Università San Raffaele di Milano - Diverse opzioni se la malattia non è metastatica, diverse se la malattia è metastatica ma spesso queste opzioni vengono combinate, cioè si utilizzano farmaci e strategie terapeutiche insieme al fine di migliorare la sopravvivenza e la prognosi a lungo termine dei nostri pazienti.
Oggi più del 60 per cento dei pazienti riesce a sconfiggere il carcinoma prostatico. Per Sergio Bracarda, presidente della Società italiana di Uro-Oncologia, "Il tumore alla prostata metastatico è sempre più curabile ma dobbiamo distinguere tra varie tipologie di questo setting: quelli che si presentano con malattia metastatica alla diagnosi, stiamo parlando del 7-10% di pazienti in cui l'evoluzione di trattamento hanno portato a significative incrementi della sopravvivenza; quelli che sviluppano una malattia metastatica dopo un trattamento curativo iniziale e con tempi molto più lunghi dove la malattia è meno aggressiva e dove spalmiamo risorse terapeutiche diverse e anche innovative legate alle profonde conoscenze biologiche che abbiamo raggiunto nel corso degli ultimi anni , in un'ottica di cronicizzazione della malattia che sta portando la speranza di vita di questi pazienti anche intorno ai 5 anni, probabilmente anche oltre".
Le tecniche di cura "nella maggior parte dei casi" sono sempre meno invasive. "Stiamo parlando soprattutto - prosegue l'esperto - di terapie ormonali ma sarebbe meglio chiamarle anti ormonali di ultima generazione, associate o meno alla chemioterapia, a farmaci specifici che riconoscono alcune peculiarità biologiche della malattia come la presenza di difetti di geni come il BRCA e quindi inibitori di Parp a tecniche di tipo radio metabolico che riconoscono un meccanismo selettivo legato alla presenza molto diffusa di bersagli che consentono un approccio che oltretutto non interferisce con i meccanismi di resistenza sviluppati da trattamenti precedenti. Per informare caregiver e pazienti e aiutarli a gestire la malattia, la campagna Men's pro mette a disposizione un sito e una serie di video sui temi legati al corretto percorso terapeutico assistenziale del paziente.
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