Tumore al seno, rischio più alto per le donne con "falso positivo" alla mammografia: +60% in 20 anni

La nuova ricerca svedese svela un nuovo campanello d'allarme utile nella diagnosi precoce

Un nuovo studio coordinato dal Karolinska Institutet di Stoccolma e pubblicato su JAMA Oncology rivela che le donne che ricevono un risultato falso positivo alla...

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Un nuovo studio coordinato dal Karolinska Institutet di Stoccolma e pubblicato su JAMA Oncology rivela che le donne che ricevono un risultato falso positivo alla mammografia hanno un rischio di circa il 60% più alto di sviluppare un tumore al seno nei successivi 20 anni rispetto alle donne che ricevono la conferma della negatività all'esame diagnostico.

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Il campanello d'allarme 

«I programmi di screening mammografico sono associati ad una riduzione della mortalità per cancro al seno di oltre il 20%», scrivono i ricercatori. «Uno dei danni dello screening mammografico è il verificarsi di un risultato falso positivo», ovvero un esito positivo che poi viene smentito da approfondimenti successivi.

Non solo un quest'eventualità può portare un pesante carico di ansia per la donna, ma ora, secondo il nuovo studio, esso rappresenta anche un campanello di allarme precoce.

Durante la ricerca, gli scienziati hanno infatti valutato gli esiti della mammografia di circa 500 mila donne svedesi, indagando il rischio di ammalarsi di cancro al seno nei successivi 20 anni. In questo periodo, le probabilità di ricevere una diagnosi di cancro al seno erano dell'11,3% nelle donne che avevano avuto un falso positivo rispetto al 7,3% delle donne che avevano ricevuto immediatamente un esito negativo. 

Il rischio è risultato particolarmente alto nelle donne tra i 60 e i 75 anni e in quelle che non avevano cosiddetto "seno denso". I tumori riscontrati nelle donne con falso positivo erano inoltre tendenzialmente più grandi al momento della diagnosi. Non è ancora chiaro in che modo i risultati falsi positivi alla mammografia si leghino a una successiva diagnosi di cancro, spiegano i ricercatori. Ma è comunque importantefare in modo che queste donne possano beneficiare «di un programma di sorveglianza intensivo e a breve termine» e di «un programma di screening prolungato».

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Il Messaggero