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Accompagnare la donna passo dopo passo nella cura del tumore al seno grazie all'aiuto di un coach gratuito. È partita la sperimentazione del servizio all'ospedale Fatebenefratelli di Milano su un gruppo di pazienti. Il progetto Medici. Pazienti. Parenti, messo a disposizione da Fondazione Renata Quattropani Ets, è già in corso in altri nosocomi milanesi come il Policlinico, il San Raffaele e l'Istituto nazionale tumori. La Fondazione ha portato il servizio in Italia nel 2017 per i pazienti onco-ematologici cronici e i loro familiari.
«Il medical coach - spiega la Fondazione Quattropani - è una figura capace di accompagnare il paziente cronico o affetto da gravi patologie, in alcuni casi insieme ai caregiver, nella gestione quotidiana della malattia, seguendolo passo per passo e motivandolo ad affrontare le piccole grandi sfide quotidiane con vantaggi sia sulla qualità della vita dei malati, che vengono rimessi al centro come persone e non solo come malati, sia sulla regolarità delle cure e quindi sulla loro efficacia».
Come si svolgono gli incontri
Gli incontri si svolgono online, grazie a un sistema di videoconferenza su Pc, tablet o smartphone e inizia con un colloquio conoscitivo individuale, in cui viene presentata la metodologia del coaching. Seguono 14 incontri di gruppo nell'arco di 7 mesi, uno ogni 15 giorni, sempre online. Completa il servizio un affiancamento individuale di durata annuale denominato Coaching Time, rivolto a tutti i partecipanti.
I ruoli del coach
Il coach diventa il primo alleato della donna nella gestione dei cambiamenti portati dalla malattia: dalla necessità di seguire tutti i passi della cura integrandoli con le necessità familiari e lavorative fino ai disagi estetici come la perdita dei capelli.
Non solo. Il coach supporta e incoraggia l'indipendenza della donna nel suo percorso di cura e nell'adottare anche nuovi comportamenti con l'obiettivo di mantenere una vita attiva e sociale nel contesto familiare e in quello lavorativo. Durante gli incontri, la figura lavora alla costruzione di una consapevolezza che porti la donna a vivere da protagonista attiva l'esperienza della malattia.
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