Il tennis allunga la vita più degli altri sport: lo dice uno studio britannico

Il tennis allunga la vita più degli altri sport: lo dice uno studio britannico
Per la salute meglio usare la racchetta che tirare calci a un pallone. In estrema sintesi è ciò che emerge da uno studio della Sydney Medical School, pubblicato dal...

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Per la salute meglio usare la racchetta che tirare calci a un pallone. In estrema sintesi è ciò che emerge da uno studio della Sydney Medical School, pubblicato dal British Journal of Sport Medicine, secondo cui invece da calcio, rugby e corsa apparentemente non ci sono benefici. Il tennis è dunque lo sport che allunga di più la vita, dimezzando il rischio di morte, seguito da nuoto, aerobica e ciclismo.


Per valutare il legame tra la pratica di 6 diverse discipline sportive e il rischio di morte i ricercatori hanno analizzato 11 ricerche fatte tra il 1994 e il 2008 in Inghilterra e Scozia, riguardanti un campione di oltre 80mila persone dai trent’anni in su (52 anni l’età media) che avevano descritto le proprie abitudini sportive, concentrandosi sulle attività più popolari: sport con la racchetta (tennis ma anche squash e badminton), nuoto, aerobica, calcio e rugby, corsa. I soggetti sono stati seguiti per 9 anni: confrontato con la quota di soggetti che non facevano attività sportiva, il rischio di morte è risultato minore del 47% per chi praticava sport di racchetta, del 28% per i nuotatori, del 27% per chi si dedicava ad attività aerobiche in palestra (compresa la danza) e del 15% fra i ciclisti. Per quanto riguarda nello specifico i decessi per problemi cardiovascolari, lo studio ha riscontrato un rischio minore in ragione del 56% per i tennisti, del 41% per i nuotatori e del 36% per chi pratica aerobica. Nessun beneficio statisticamente significativo è stato invece rilevato per chi corre o gioca a calcio.

«I nostri risultati indicano che non è importante solo quanto spesso si fa sport, ma anche che tipo di esercizio si sceglie - spiega l'autore senior della ricerca, Emmanuel Stamatakis - Gli studi futuri dovrebbero aiutare a rafforzare ulteriormente questa base di dati specifici e a capire come consentire una maggiore partecipazione sportiva a tutte le età e in tutti i ceti sociali». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero