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All'ospedale San Camillo, nel quartiere Portuense, un gruppo di 25 nomadi ha scatenato il panico in un pomeriggio di follia e rabbia. Una spedizione punitiva contro una coppia di romani che poche ore prima aveva discusso con uno di loro. Una brutta lite che era degenerata tra schiaffi e spinte. Al pronto soccorso hanno replicato scagliandosi anche contro i medici. «È stato solo l'ultimo di una lunga lista di episodi. Tanto che poi con il commissariato di zona l'ospedale ha attivato un primo servizio di sorveglianza» spiega Davide Leso, sindacalista Uil e in servizio al San Camillo. Era il mese di settembre. «La situazione per medici e infermieri è diventata insostenibile durante la pandemia per il carico di lavoro e per le continue aggressioni. L'annuncio del ministro degli Interni Piantedosi è un primo importante segnale» conclude.
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«Non sono solo i pronto soccorso ad essere presi di mira ma la violenza si sta spostando anche nei reparti dove la situazione è stata sempre più sotto controllo. Qui sono i parenti delle persone ricoverate che più e più volte hanno dato in escandescenza. I motivi? Le restrizioni covid non hanno aiutato e spesso chi viene in visita ad un parente non capisce che non siamo noi a voler contingentare ma ci sono regole ben precise» sottolinea Sandro Petrolati, responsabile territoriale Anaao Assomed San Camillo e Forlanini. Come un copione che si ripete, aggressioni e insulti si registrano in tutti gli ospedali della Capitale.
LE REAZIONI
Al Policlinico Casilino il direttore del pronto soccorso, Adolfo Pagnanelli ha invece deciso - in accordo con la dirigenza sanitaria- per una linea più dura: «Medici e infermieri sono stati vittime di ripetute aggressioni.
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All'ospedale Grassi di Ostia invece è stato attivato il servizio di vigilanza privato: «Per garantire la sicurezza a medici, infermieri e utenti abbiamo deciso di attivare l'attività di sorveglianza. Una misura necessaria perché le aggressioni sono all'ordine del giorno» spiega il direttore Dea Giulio Maria Ricciuto. Tuttavia precisa: «Il presidio di polizia garantirà un altro tipo di servizio che rafforzerà e alzerà il livello di sicurezza ora più che mai necessario». Una situazione che è via via degenerata in maniera quasi incontrollabile tanto che molti operatosi sanitari hanno optato per le dimissioni. E proprio in questo inizio di 2023 c'è stata una fuga dai pronto soccorso di Roma e Lazio, sempre più nel caos, come dimostrano le attese negli ultimi giorni. Stando alle stime che girano tra i sindacati di categoria e le aziende sanitarie, sono ormai ogni mese almeno dieci i camici bianchi che abbandonano i Dea. Molti riescono a entrare nei reparti di medicina dove i turni sono meno massacranti, altri ancora - pur di fuggire dai Dea - decidono di darsi alla libera professione. Ma rispetto al passato, come detto, presentano le dimissioni anche i primari, che in teoria dovrebbero godere di condizioni economiche migliori.
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