Senza stomaco si vive, la sfida di 70mila pazienti

Senza stomaco si vive, la sfida di 70mila pazienti
Settantamila italiani vivono senza stomaco a causa di un tumore gastrico: sono quelli che hanno subito un intervento di gastrectomia totale o parziale a seguito di questa...

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Settantamila italiani vivono senza stomaco a causa di un tumore gastrico: sono quelli che hanno subito un intervento di gastrectomia totale o parziale a seguito di questa neoplasia. Che, nel 2016, fa registrare nel nostro paese 13mila nuovi casi a fronte di 110mila persone che vivono con diagnosi di carcinoma gastrico.

Ma se tenere sotto controllo la malattia è una sfida oggi possibile, primo obiettivo è non cadere in mani sbagliate: il 50% dei pazienti è infatti attratto da cure alternative non validate, con il rischio di abbandonare la chemio andando incontro a serie conseguenze.

A lanciare l'allarme sui pazienti che oggi sempre di più abbandonano le cure - a volte suggestionati da invenzioni pseudo scientifiche - è la presidente dell'associazione “Vivere senza stomaco si può” Claudia Santangelo, in  occasione del convegno “Tumore gastrico, una sfida da vincere insieme”. «Abbiamo riscontrato - afferma Santangelo - che circa il 50% dei pazienti è molto attratto da approcci di cura diversi da quelli convenzionali. E', invece, estremamente importante contare su una diagnosi precoce, sulla possibilità di essere presi in carico in centri di eccellenza, sull'avere accesso alle cure farmacologiche più adeguate. Rendersi conto che uno dei pochi strumenti che si hanno a disposizione, come la chemio, che oggi, prevedendo l'associazione di più farmaci, riesce a dare risultati molto significativi, non venga utilizzato - commenta - mi lascia senza fiato».


«La buona notizia - sottolinea il presidente della Società italiana di chirurgia oncologica Paolo Delrio - è che stiamo assistendo ad una riduzione dell'incidenza ma anche della mortalità per questo tipo di cancro e ciò grazie ai nuovi farmaci e terapie disponibili». Tanto che, in pochi anni, la sopravvivenza a 5 anni per questi pazienti è passata dal 25% al 34% , con Italia e Germania che registrano i migliori risultati. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero