Seno, ricostruzione più naturale con il lipofilling autogeno. Il professor Roy de Vita: «Tecnica rivoluzionaria»

Si preleva il tessuto adiposo dove è in eccesso e lo si croconserva per effettuare piccole infiltrazioni perla rigenerazione mammaria

Seno, ricostruzione più naturale con il lipofilling autogeno. Il professor Roy de Vita: «Tecnica rivoluzionaria»
La ricostruzione del seno rappresenta la speranza per tutte le donne che hanno subìto l’asportazione della mammella in seguito a un tumore. Ascolta: La dieta di...

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La ricostruzione del seno rappresenta la speranza per tutte le donne che hanno subìto l’asportazione della mammella in seguito a un tumore.

Oggi, l’iter operatorio è reso più semplice da una innovativa metodica di lipofilling. Che prevede l’aspirazione di una quantità di grasso da una zona cosiddetta “donatrice”, e il successivo trapianto in una differente area svuotata.

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LA VASCOLARIZZAZIONE

«Il campo in cui il lipofilling trova le maggiori indicazioni è proprio la ricostruzione mammaria post mastectomia», spiega Roy de Vita, uno fra i più conosciuti chirurghi plastici italiani, dal 2002 al timone della divisione di Chirurgia Plastica dell’Istituto dei Tumori di Roma Regina Elena.

«La metodica – prosegue de Vita – consiste nell’effettuare un intervento chirurgico che si attua in regime di day surgery e in anestesia locale con sedazione. Durante l’intervento si preleva il tessuto adiposo dalle aree in cui è in eccesso per poi trasferirlo nell’area dove si devono rigenerare i tessuti. Il maggior limite della metodica è dato dal fatto che il tessuto non vive di vita propria ma deve attecchire nell’area ricevente. È indispensabile quindi che il tessuto trasferito prenda contatto internamente per far si che la vascolarizzazione presente dia nutrimento e faccia sopravvivere ed attecchire il tessuto trasferito. Le quantità che si possono trasferire, però, sono piccole e la paziente deve sottoporsi a più sedute. Tutte con ricovero ed anestesia».

Tecnicamente l’intervento di lipofilling si divide in due fasi: prelievo e trasferimento. La prima è la più invasiva ed è quella che necessita dell’anestesia profonda e di conseguenza del ricovero. La seconda è invece meno invasiva e potrebbe essere eseguita in regime ambulatoriale solo con un’anestesia locale. Ed è qui, spiega Roy de Vita, che entra in gioco la crioconservazione. Quella che permette di effettuare un solo intervento chirurgico “vero” nel quale si preleva un abbondante quantità di tessuto che viene poi diviso in singole sacche e quindi congelato. Quando saranno necessarie le successive infiltrazioni si provvederà, di volta in volta, a scongelare la quantità di grasso che occorre e a ri-infiltrarla con una procedura poco invasiva per i pazienti con la sola anestesia locale e in regime ambulatoriale.

PROBLEMA RISOLTO

 Il problema delle sessioni multiple, importantissimo limite della metodica, esiste da sempre e molti laboratori nel mondo avevano provato, nel corso degli anni, a congelare il grasso e riutilizzarlo, ma tutti i tentativi fatti sino ad ora sono risultati infruttuosi perché le cellule non sopravvivevano al trattamento e quindi erano inutilizzabili. L’azienda Lipobank®, una startup che opera nella ricerca e nello sviluppo di nuove metodologie di crioconservazione del tessuto adiposo è riuscita a realizzare e brevettare una metodologia. E grazie alla Partnership Pubblico-Privata tra Lipobank®️ e Banca della Cute RER (Regione Emilia-Romagna) è oggi possibile crioconservare il proprio tessuto adiposo garantendone la massima vitalità e qualità, in totale sicurezza e tracciabilità. È una nuova frontiera che si apre e di cui l’Italia è porta bandiera nel mondo. Un traguardo che renderà più semplice la vita delle donne che hanno subìto una mastectomia. Due i centri che hanno già cominciato ad impiegare la metodica sulle prime pazienti: la Chirurgia Plastica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Roma diretta dal professor Roy de Vita e la Clinica San Francesco di Verona guidata dal professor Gino Rigotti.

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Il Messaggero