ROMA Seicentomila malati, altri 100-200 mila che ancora non sanno di esserlo, uno su due che ha seri problemi nell'arco di cinque anni. Ecco i numeri degli italiani dello...
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Per i cardiologi eurpei riuniti in questi giorni a Barcellona si tratta di «un'epidemia destinata a crescere» ma, all'orizzonte, si vede un punto di luce. Una svolta che è tra gli argomenti principali del summit in Spagna. Si tratta della molecola identificata con la sigla LCZ696 attesa in Italia per l'anno prossimo. Confrontata con la migliore terapia disponibile si è dimostrata, come si legge nello studio pubblicato su New England Journal of Medicine, in grado di ridurre del 20% il rischio di morte cardiovascolare e del 21% quello dei ricoveri in ospedale.
«Si tratta di una vita salvata in più ogni 32 pazienti trattati. Un grande risultato» commenta Michele Senni, direttore di Cardiologia I, scompenso e trapianti di cuore dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo che ha coordinato lo studio nel nostro paese. Oltre 40 centri, duecento i pazienti arruolati.
Lo scompenso cardiaco è una patologia debilitante e potenzialmente fatale, a causa della quale il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue nell'organismo. I sintomi (affaticamento e ritenzione di liquidi) possono apparire gradualmente e peggiorare nel tempo, influenzando significativamente la qualità della vita. Circa la metà dei pazienti soffre della forma con frazione d'eiezione ridotta, cioè ad ogni contrazione cardiaca, la quantità di sangue che viene immessa in circolo è in percentuale ridotta (generalmente del 40-50%) rispetto a quanto contenuto nel ventricolo sinistro. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero