Prostata, dal laser al vapore acqueo: le ultime tecnologie di contrasto

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Dagli stent temporanei a minuscoli tiranti ancorati all’esterno della prostata, dall’energia del laser a quella del vapore acqueo: sono alcune delle ultime tecniche...

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Dagli stent temporanei a minuscoli tiranti ancorati all’esterno della prostata, dall’energia del laser a quella del vapore acqueo: sono alcune delle ultime tecniche chirurgiche per contrastare l’ipertrofia prostatica benigna.

Una patologia che colpisce oltre 6 milioni di italiani over 50: ne soffre il 50% dei maschi tra 51 e 60 anni, il 70% dei 61-70enni, il 90% negli ottantenni. Sono definite tecniche ultra mini invasive. Grazie alla loro diversità/variabilità sono adatte alla maggior parte dei pazienti come è emerso al 94° congresso nazionale della Società italiana di urologia, fino al 19 ottobre a Riccione. «C’è innanzitutto – dice Francesco Porpiglia, ordinario di Urologia dell’Università di Torino – l’utilizzo di stent intraprostatici temporanei al nitinol introdotti per via endoscopica, vengono rimossi dopo 5 giorni. Ci sono poi dispositivi permanenti che, come fossero piccoli tiranti ancorati all’esterno della prostata, comprimono l’adenoma e dilatano l’uretra, migliorando cosi il flusso dell’urina».

Ci sono poi nuove tecniche per l’ipertrofia prostatica benigna, adenoma di prostata di dimensioni medio-piccole, eseguibili in day-hospital tramite il sistema sanitario: «Per esempio il vapore acqueo ad alta temperatura, che viene iniettato all’interno della prostata tramite uno speciale manipolo endoscopico, determinando la morte delle cellule dell’adenoma quindi distruggendolo, tecnica Rezum, – spiega Roberto Mario Scarpa, direttore dell’Unità operativa complessa al Policlinico Universitario Campus Biomedico di Roma e presidente della Società italiana urologia – Un’altra nuova fonte di energia è quella del laser. Viene sprigionata all’interno della ghiandola prostatica attraverso fibre ottiche introdotte per via percutanea, porta il tessuto dell’adenoma a necrotizzarsi, determinando quindi una riduzione del volume della ghiandola con conseguente disostruzione (trattamento SoracteLite)».

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Il Messaggero