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Nell’immaginario collettivo la malattia di Parkinson è quella che “ti fa tremare le mani”.
Nella realtà le cose sono molto più complesse e proprio per questo in tutta Italia ci sono centri con team multidisciplinari che ogni giorno affrontano la malattia in tutte le sue sfumature. Uno di questi team è quello guidato dalla dottoressa Mariachiara Sensi, responsabile del Centro Disordine del Movimento all’Arcispedale Sant’Anna di Ferrara. È proprio la dottoressa Sensi a tratteggiare il profilo della malattia di Parkinson per la sua caratteristica di essere un «disordine del movimento» e per il sintomo predominante, che è «la lentezza del movimento», alla quale si associa «in maniera variabile la rigidità o il tremore a riposo». Tuttavia, spiega Sensi, il Parkinson non è solo un disordine del movimento.
LE SPIE
Dietro questo nemico c’è un universo profondo, per alcuni versi ancora inesplorato.
INTERVENTO
Per “curare” il Parkinson il primo approccio è quello farmacologico. Nei casi complessi, nei quali i medicinali non bastano più o addirittura hanno portato a lungo andare ad effetti indesiderati, si può ricorrere alla stimolazione cerebrale profonda. «Si tratta - avverte Sensi - di un valido aiuto di tipo sintomatico, che non incide sul processo di neurodegenerazione, bensì sui sintomi motori. Ad esempio, alleggerisce e controlla bene la lentezza del movimento, il tremore o la rigidità». Semplificando non poco, «la stimolazione cerebrale profonda si realizza posizionando elettrocateteri nel nucleo che si trova al di sotto del talamo (subtalamo) e che viene stimolato bilateralmente con alte frequenze. Questo consente di modulare l’attivazione di circuiti patologici e quindi restaurare in maniera più naturale il movimento». Criterio essenziale è che vi sia una diagnosi di malattia di Parkinson per così dire “consolidata”, quindi che il paziente abbia risposto in maniera sostenuta e prolungata alla terapia farmacologica. Piccola curiosità, quello della dottoressa Sensi è un team dalla connotazione fortemente al femminile, dimostrazione che sono sempre più le donne che scelgono di dedicarsi alla medicina e in ambito clinico e di ricerca a forme innovative e pionieristiche. Anche se, lo ricorda proprio Mariachiara Sensi, «quando si guarda al merito, non esiste una differenza di genere, bensì di competenze».
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