Gli anziani sono la maggioranza fra i pazienti con problemi di cuore ma il meglio delle cure e della ricerca, man mano che avanzano gli anni, non sembra destinato a loro. Ogni...
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«Le malattie cardio-cerebrovascolari riguardano oltre il 60% degli over 65 e sono le patologie più frequenti in questa classe d’età, con un picco dell’80% negli ultra 85enni, che in Italia raggiungono 2,2 milioni – spiega Alessandro Boccanelli, presidente SICGe e co-presidente del congresso - Tuttavia con l’aumento dell’età le prescrizioni farmacologiche e i regolari controlli raccomandati dalle Linee Guida nazionali e internazionali, si riducono progressivamente fino a dimezzarsi negli over 85, in cui registriamo un sostanziale sotto-trattamento fino al 40% dei casi».
Lo dimostrano i dati dei Registri nazionali e internazionali e i risultati degli studi Real Life della SICGe, presentati in occasione del Congresso «Solo il 12% dei pazienti under 70 ipertesi non riceve antipertensivi ma la percentuale sale al 30-40% negli over 85.
«Gli antiaggreganti non vengono prescritti al 17% degli over 85 ma anche qui c’è una marcata flessione, perché nei pazienti con meno di 70 anni le mancate prescrizioni si fermano al 3%. Con l’andare degli anni si va incontro anche a una “sotto-diagnosi" gli accertamenti per verificare la quantità del colesterolo “cattivo”, ad esempio, vengono richiesti al 26% dei pazienti con età 65-69 anni, ma appena al 7% degli over 75». «Questi dati mostrano una mancata o insufficiente utilizzazione, nei pazienti più anziani, di terapie e interventi che potrebbero mantenerli in salute – spiegano Boccanelli e Marchionni – Ciò, almeno in parte, deriva dall’errata convinzione che una persona molto anziana non tragga significativi benefici dalle terapie. Non è affatto così e i farmaci appropriati si dimostrano almeno altrettanto efficaci anche negli ultra85enni. Si continua invece a pensare che non sia “conveniente”, dal punto di vista clinico ed economico, trattare bene un paziente man mano che invecchia. Invece è vero il contrario: gli anziani in forma possono essere una preziosa risorsa sociale e si stima che possano far crescere la produttività del Paese dell’1%».
Gli studi infatti non documentano solo il sotto-trattamento, progressivamente più rilevante all’aumentare dell’età, ma ne valutano anche le conseguenze. «Anche negli ultra85enni la mortalità dopo un anno da un infarto, ad esempio, è risultata in media del 70% inferiore nei pazienti che avevano ricevuto tutte le terapie raccomandate, rispetto a quelli non trattati in modo inadeguato» – commenta Andrea Ungar, professore di Geriatria all’Università di Firenze e co-presidente del Congresso. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero