Marta Esperti: «Io, piegata dal Long Covid. E' una patologia reale e come tale va riconosciuta»

Il Long Covid è una patologia

Marta Esperti: «Io, piegata dal Long Covid. E' una patologia reale e come tale va riconosciuta»
Mi sono ammalata a marzo 2020, ma il Covid è sempre qui, mi ha tolto tutto, e ultimamente anche il lavoro. Ascolta: La carezza aiuta il cervello. E dritti con la schiena:...

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Mi sono ammalata a marzo 2020, ma il Covid è sempre qui, mi ha tolto tutto, e ultimamente anche il lavoro.

E ora, a 34 anni, sto lottando per rimettermi in carreggiata. Sono migliorata, in particolare dopo aver preso gli antivirali per un periodo più lungo di cinque giorni in una sorta di sperimentazione, ma non sono ancora come prima, è un recupero molto lento. Nei momenti più difficili in cui non avevo nessun farmaco che mi aiutasse, è stato come essere uno zombie, come essere morta ma viva per miracolo e sempre sul punto di non farcela. Non mi reggevo in piedi, era come se non avessi controllo sul mio corpo. Un giorno ero a Roma alla cassa di un ospedale per pagare delle prestazioni e dalla mia testa sono improvvisamente spariti i numeri del Pin della mia carta. Eppure quel codice l’avevo usato fino a poco prima. Quei numeri non sono mai più tornati. Prima del Covid lavoravo, ero dottoranda e insegnavo Scienze politiche in due università, Paris Sorbonne e Lille. Avevo una vita piena e attiva. Ero anche stata ricercatrice invitata a Oxford. Stavo chiudendo il mio dottorato perché avevo già fatto tre anni e mezzo di ricerca e raccolta dati. Il dottorato non l’ho ancora finito, perché mi sono riammalata altre due volte nel 2022. Ho deciso di battermi attivamente per un riconoscimento di questa condizione che riguarda migliaia di pazienti italiani ed europei. Il punto essenziale è che la malattia non è stata subito riconosciuta né trattata come doveva essere, non ha avuto purtroppo nemmeno un grande visibilità in Italia. Oggi è come se non esistesse. Anche se i pazienti, i media, le autorità sanitarie sanno benissimo che esiste. E gli scienziati italiani sono stati fra i primi ad avere e condividere intuizioni sulla patologia. Posso considerarmi una paziente privilegiata rispetto ad altri che non hanno potuto avere accesso a diagnosi e trattamenti, sono stata molto determinata, ho premuto per avere risposte, ma non tutti hanno queste possibilità. Non deve essere l’individuo a fare la battaglia per cercare di migliorare la qualità della sua vita, e magari tornare a lavorare. Se le persone non sono prese in carico e curate per quanto è possibile, non se ne uscirà. Ed è un danno anche per la collettività. Sappiamo che non c’è una cura per il Long Covid. Ci sono ormai milioni di pubblicazioni e l’Organizzazione mondiale della sanità ha attestato che ci sono rischi cardiovascolari, della coagulazione, che ci sono il declino cognitivo, la disregolazione immunitaria, i danni a cervello e muscoli. È importante che il Long Covid sia una malattia riconosciuta e che ci siano anche esenzioni come è previsto per altre patologie. Anche meno gravi.

*Portavoce dell’Associazione Long Covid Italia

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