Influenza, trovato il punto debole del virus: passo avanti verso il vaccino universale

L'influenza ha un suo tallone d'Achille, un punto debole finora considerato invulnerabile e che adesso annuncia come realistico uno scenario inseguito da decenni: mettere...

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L'influenza ha un suo tallone d'Achille, un punto debole finora considerato invulnerabile e che adesso annuncia come realistico uno scenario inseguito da decenni: mettere a punto il vaccino jolly, ossia il vaccino universale capace di difendere contro tutti i ceppi di un virus capace di mutare con estrema facilità.


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Ad accendere l'entusiasmo è la scoperta di un anticorpo umano capace di legarsi a una delle proteine che il virus usa come grimaldello per invadere le cellule. Pubblicata sulla rivista Cell, la scoperta si deve alla collaborazione fra la Vanderbilt University, con il gruppo di James E. Crowe, e l'Istituto Scripps, con Ian A. Wilson. La ricerca è stata finanziata dai National Institutes of Health (Nih) degli Stati Uniti, attraverso il loro Istituto Nazionale per le Allergie e le Malattie infettive (Niaid). L'anticorpo si chiama FluA-20 ed è stato isolato da una persona che si era vaccinata più volte contro l'influenza. L'analisi della struttura e i primi test hanno indicato che l'anticorpo è capace di riconoscere e distruggere parte della proteina, chiamata emoagglutinina, che permette al virus di penetrare nelle cellule. È una delle due proteine che si trovano sulla superficie del virus dell' influenza e che gli permettono di trasformarsi, un anno dopo l'altro, rendendo in questo modo necessario mettere a punto ogni volta un vaccino diverso. Sperimentato nei topi, l'anticorpo è riuscito a prevenire l'infezione quando gli animali sono stati esposti a quattro diversi ceppi del virus dell' influenza del tipo A e che sono anche responsabili della malattie nell'uomo. Sono risultati accolti con entusiasmo dai ricercatori, che pensano di avere compiuto uno dei passi principali per avvicinare un vaccino universale contro l' influenza.


Ad alimentare l'ottimismo è il fatto che l'anticorpo si lega a una delle porzioni della proteina finora considerate quasi inaccessibile. Contrariamente ad altri anticorpi, il FluA-20 si aggancia infatti in modo stabile alla 'testà tondeggiante dell'emoagglutinina e riesce a farlo in un sito che non si pensava fosse vulnerabile. Bloccare in questo modo la proteina significa di fatto bloccare la capacità del virus di diffondersi.
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Il Messaggero