Infarto, chiamare sempre il 118: la prima visita si fa in ambulanza

Infarto, chiamare sempre il 118: la prima visita si fa in ambulanza
Dolore al petto, forse infarto. Tutto sta nell'agire subito e chiamare ai primi sintomi il 118. Solo questo consente di accedere al “fast-track” dell'infarto,...

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Dolore al petto, forse infarto. Tutto sta nell'agire subito e chiamare ai primi sintomi il 118. Solo questo consente di accedere al “fast-track” dell'infarto, un percorso salva-cuore dedicato per le emergenze che consente di evitare le tappe del pronto soccorso.


Lo sanno almeno 33mila pazienti infartuati italiani. Quelli che, al primo segnale di probabile attacco, riconoscibile da un dolore toracico opprimente al centro del petto, irradiato al braccio sinistro e da una sudorazione fredda, sono stati avviati dal mezzo di soccorso del 118 (il numero salva-vita da chiamare immediatamente alla comparsa di sintomatologia sospetta) direttamente in uno dei 272 laboratori di emodinamica distribuiti tra le strutture cardiologiche in Italia, di cui 188 attivi 24 ore su 24.
Si tratta di laboratori in grado di praticare in urgenza, in qualsiasi momento del giorno e della notte, un intervento di angioplastica coronarica, con il posizionamento di un palloncino o di uno stent, oggi garantiti al 70% di pazienti infartuati. Proprio in questi giorni il “fast-track", cioè l'intervento veloce, compie dieci anni.

Con questo appello alla velocità, anche da parte del paziente, interviene (in occasione del primo grande esodo vacanziero), Giuseppe Musumeci, presidente del Gise (Società italiana di cardiologia interventistica) ricordando le precauzioni in vacanza: «Quello che noi chiamiamo “fast-track” - spiega - è un concetto molto semplice. Un percorso con accesso diretto ai laboratori previa valutazione dei soccorritori del 118 intervenuti su chiamata del paziente. Questo si innesca automaticamente chiamando l'ambulanza. Mentre andando in ospedale con l'auto di un familiare si rischia di perdere tempo prezioso». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero