​Glaucoma, così si ferma il ladro silente della vista

Ciro Costagliola, docente delle malattie dell’apparato visivo alla Federico II: «Può essere combattuto con la prevenzione, la sua progressione è lentissima. E non sempre la pressione oculare è sintomo della patologia»

Glaucoma, così si ferma il ladro silente della vista
Prevenzione è la parola d’ordine. Ascolta: La Giornata della felicità: dallo yoga alla corsa, i 5 esercizi che regalano buonumore ...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Prevenzione è la parola d’ordine.

Ce lo ripetono per ogni patologia, ma nel caso del glaucoma è ancora più importante perché non dà segnali riconoscibili al paziente e quando si comincia a perdere la vista potrebbe essere già troppo tardi. La definizione di Ciro Costagliola, docente di malattie dell’apparato visivo all’università “Federico II” di Napoli rende bene l’idea: «Il glaucoma è il ladro silenzioso della vista. Noi sappiamo che esiste, ma non è un demone e anzi può essere combattuto». Ma di cosa stiamo parlando? «Il glaucoma è una patologia che danneggia il nervo ottico ed è la principale causa di cecità irreversibile nel mondo. La progressione è così lenta che il paziente non si accorge di nulla per molto tempo. Per curare è necessario riconoscere la malattia quando i sintomi non si sono ancora manifestati». Basterebbero i controlli ma lo stesso Costagliola ammette: «I cardiologi sono stati capaci di mettere in guardia i pazienti sui danni dell’ipertensione arteriosa, mentre gli oculisti meno. Fortunatamente le associazioni di pazienti e l’Iapb ci aiutano nelle campagne di prevenzione e nel fare informazione».

LE PROVE

«Abbiamo due modi di prevenire - spiega il professor Gianluca Manni, docente all’università di Roma “Tor Vergata” e responsabile del centro glaucomi - il più importante è relativo alla familiarità. Persone che hanno questa patologia in famiglia dopo i 40 anni devono fare una visita l’anno. Se non c’è familiarità, ai primi sintomi di difficoltà visive ci si deve recare dall’oculista».
«Se presa in tempo, la malattia non porta a cecità, intervenire tempestivamente evita la perdita della vista e quindi della qualità della vita». Come accorgersi che qualcosa non va? «C’è un metodo molto semplice, diciamo che i nostri occhi sono come telecamere che riprendono ciascuna un’immagine, poi c’è la regia che è nella parte corticale del cervello, quella posteriore, e se dalle telecamere arrivano immagini diverse il cervello impara a escludere quella peggiore. Il paziente non se ne accorge, continua a vedere, per questo un primo passo può essere quello di fare una prova, verificare se vediamo meglio con l’occhio destro o sinistro. Se ci sono difficoltà, ci si deve rivolgere allo specialista». 

LE VERIFICHE

Tra i segnali di allarme, poi, c’è la pressione oculare: «Più è alta - aggiunge Manni - più è probabile che si instauri il glaucoma. Ma misurarla non identifica la patologia, sappiamo che aumenta il rischio di danneggiare il nervo ottico. Commetteremmo un errore, però, nel dire che se la pressione è normale possiamo escludere il glaucoma». A proposito di questo ci sono «trials clinici nel Regno Unito dai quali emerge che la maggior parte delle persone affette da glaucoma aveva la pressione oculare nella norma». Verifiche che in Italia non sono possibili «perché non riusciamo ad avere un registro nazionale, non si sa quanti glaucomi ci sono quando basterebbe risalire a chi ha l’esenzione per questa patologia e conoscere il dato epidemiologico ma anche cosa facciamo, quanti hanno perso la vista e quanti, invece, siamo riusciti a curare». 

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero