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«L’ho fatto per salvarle la vita». Stefania Cinque, 34 anni tra un mese, spiega così il suo atto d’amore nei confronti della madre Patrizia Argenio, 54 anni, affetta da una malattia congenita ed ereditaria, a cui ha donato un rene. Una storia di buona sanità, che arriva da Napoli e dalla Campania.
Figlia dona rene alla madre per evitarle la dialisi: «Non volevo soffrisse come la nonna»
Figlia dona rene alla mamma
Protagoniste madre e figlia di Giugliano, assistite dall’equipe dell’azienda ospedaliera universitaria Federico II dedicata ai trapianti di rene e guidata da Roberto Troisi, che lunedì scorso ha effettuato l’operazione, insieme a Roberto Montalti, con un’innovativa tecnica robotica. Il prelievo del rene è avvenuto, infatti, utilizzando la chirurgia mininvasiva robotica che consente una maggiore precisione chirurgica, una riduzione del dolore post-operatorio e dei tempi di degenza e recupero funzionale. Madre e figlia stanno bene e sono già state dimesse: solo due giorni di degenza per la donatrice, sei per la ricevente che potrà evitare di sottoporsi alle lunghe sedute di dialisi che segnano il percorso dei pazienti con insufficienza renale cronica.
La storia
Da bambina aveva vissuto il calvario della nonna materna costretta a fare dialisi per 15 anni.
Il trapianto
Un intervento innovativo che consente di ridurre i cosiddetti viaggi della speranza, quello cui si sono sottoposte Stefania e Patrizia. «Grazie all’approccio robotico i rischi per il donatore sono minimi - spiega Troisi - Il dolore post operatorio è davvero lieve e il donatore si alimenta nella giornata stessa. In sintesi questa tecnologia permette di eseguire interventi ad elevata complessità con estrema precisione migliorando ulteriormente l’impatto fisico». Solo pochi centri in Italia eseguono con tecnica mininvasiva robotica il trapianto di rene e presso la Federico II, dall’inizio dell’anno, ne sono stati eseguiti 6, evitando così a molti pazienti campani, anche nel prossimo futuro, di doversi recare fuori regione. «Il trapianto di rene da donatore vivente è l’opzione migliore rispetto al donatore con morte cerebrale - aggiunge - in quanto riduce sensibilmente costi sociali, danni e sofferenze della dialisi permettendo al ricevente di avere un organo perfetto, garantito al 100% con una funzionalità ottimale, sia a breve che a lungo termine».
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