«Le madri e i padri di un figlio tossicodipendente hanno già un grande dolore. Non si può puntare il dito né dire frasi mortificanti. In questi casi i genitori vanno aiutati...
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Giovanni Serpelloni, neuroscienziato già a capo del Dipartimento per le politiche anti-droga, al Palazzo Chigi non attacca madri e padri.
Ma non crede che avrebbero potuto vedere dei segnali in tempo?
«La famiglia non è tutto nella vita di un ragazzo. C’è il fuori. Che vuol dire scuola, amici, possibili spacciatori che ti avvicinano e il resto».
E allora quali sono i segnali che, dica se non è vero, molti genitori non vogliono vedere?
«E’ vero, si arriva alla consapevolezza molto tardi. Anche perché, fin da piccolo, quel bambino non è stato, forse, guardato come si doveva. Attenzione, dunque, ai cambi d’umore, all’aggressività, ai disturbi alimentari, alla sonnolenza e all’irascibilità».
Che fare se compaiono tutti questi comportamenti ?
«Il test della droga, senza indugi. Quel ragazzo sta rischiano la vita».
Che vuol dire fare attenzione al bambino fin da piccolo?
«Un bambino iperattivo, con deficit di attenzione o straordinariamente timido e impaurito ha più probabilità di un altro a scegliere la droga. Si tratta di bambini che, senza farmaci, possono essere aiutati ad essere più forti visto che sono così vulnerabili».
E la famiglia, allora, che può fare per prevenire?
«La famiglia deve riempire, piano piano, lo zaino di autodifesa del bambino. Fin da quando ha 4 anni. Con i comportamenti e insegnando a tutelare la propria salute. Dal lavarsi i denti a non farsi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero