Mariti, conviventi, compagni, figli ma anche amici e fratelli. C'è un esercito di uomini che non si defila quando una donna riceve una diagnosi di tumore ma,...
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La ricerca ha coinvolto 422 pazienti oncologiche di 11 centri, smentendo lo stereotipo dell'uomo in fuga di fronte al tumore che colpisce la donna. La figura maschile è una costante nel racconto delle donne: supera il 64,5% al momento della prima diagnosi, sfiora il 92,5% al primo intervento per superare il 93,5% al secondo. L'uomo aiuta la donna ad affrontare le attese, le incertezze (68,2%), a sopportare gli effetti collaterali delle terapie (65,1%); decide ciò di cui la donna ha bisogno (64,2%) e dà un senso a quello che la paziente sta vivendo (57%). Placa l'ansia e le paure, alleggerisce l'atmosfera in casa, pensa a migliorare l'alimentazione e lo stile di vita, si dà da fare per risolvere le questioni lavorative e burocratiche, si fa carico di lavori domestici e spesa.
«Il dato più bello, che non ci ha sorpreso più di tanto - evidenzia Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna onlus - è la presenza costante di un caregiver maschile durante il percorso diagnostico-terapeutico della paziente, che proprio da questo sostegno trae più forza nell'affrontare la malattia. Nella dura battaglia contro il cancro femminile vince ancora la famiglia». La ricerca fa emergere un profilo di donna molto forte (90%), in grado di affrontare diagnosi e malattia con forza d'animo e fiducia, che aumentano se accanto c'è un uomo e in coloro che lavorano. La spinta ad andare avanti arriva anche dai figli (28,5%), dalla fede (17,5%), ma anche dai nipoti, dalla famiglia e dagli amici, dai medici, dalla ricerca e dalla speranza di guarire. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero