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La dieta regola anche la memoria.
Lo afferma in uno studio su Nature Communication la biologa Luigia Cristino, direttrice del laboratorio di Neurochimica e plasticità sinaptica all’Icb-Cnr di Pozzuoli.
Che cosa ha scoperto, esattamente?
«Che l’obesità altera i circuiti dell’ippocampo e modifica la capacità di svolgere bene determinati compiti cognitivi, come ricordare cosa si è mangiato e le quantità di cibo: modelli sperimentali e studi epidemiologici dimostrano che l’alimentazione influenza le funzioni cerebrali; paradossalmente, chi ha un alto indice di massa corporea, maggiore di 35, rischia di commettere più errori a tavola».
La ricerca proseguirà ancora?
«L’indagine dimostra che identificare precocemente i meccanismi cellulari e molecolari danneggiati può aiutare a sviluppare strategie terapeutiche mirate, quando si è gravemente in sovrappeso e si segue una dieta ipercalorica, ricca cioè di grassi saturi».
In attesa di sviluppi, la cura inizia modificando le cattive abitudini. Che tipo di alimentazione consiglia?
«Una dieta intelligente, personalizzata. Ad esempio, quella ipocalorica migliora la memoria semantica e la capacità di linguaggio, la “Dash” è suggerita contro l’ipertensione perché povera di sodio. Meno pesce e frutti di mare (acidi grassi polinsaturi) possono favorire schizofrenia e depressione. Invece, la dieta mediterranea dà buoni riscontri cognitivi grazie ai grassi monoinsaturi assunti con olio di oliva, verdura, frutta, proteine vegetali, cereali integrali e pesce. E la dieta nordica contiene frutti di bosco, segale, avena, orzo e fibre e si associa a un punteggio più alto nei test di fluidità verbale e memoria semantica rispetto alla dieta occidentale, ricca di grassi saturi, zuccheri raffinati e povera di fibre».
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