Covid e Natale, l'infettivologo Vaia: «Abbracci e vacanze sì, ma con i sintomi niente cenoni»

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Sarà il Natale degli abbracci ritrovati e non più spezzati. Una festa nuova per nonni e nipoti e amici di ogni età, senza più l’incubo del...

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Sarà il Natale degli abbracci ritrovati e non più spezzati. Una festa nuova per nonni e nipoti e amici di ogni età, senza più l’incubo del lockdown, lo spettro della solitudine, i cenoni proibiti.

L’occasione per riscoprire il calore dello stare insieme. Con il benestare di virologi ed epidemiologi. Guai a paragonare il Covid a un raffreddore, però. «Può essere fuorviante», avverte Francesco Vaia, direttore generale dello Spallanzani di Roma, il polo per la cura delle malattie infettive più importante d’Italia, sin dalla prima ora impegnato a fronteggiare l’emergenza. «Stiamo gradualmente uscendo dalla fase pandemica critica, ma non dobbiamo abbassare la guardia», sostiene. Un dato su tutti: si registrano ancora 3-400 morti alla settimana «per l’alta circolazione del virus e la presenza di molti casi non gravi non segnalati», emerge dal monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità. Vaia chiarisce che il Covid non si può paragonare al raffreddore, per diverse ragioni. «Innanzitutto, resta una malattia che ha un’impronta sistemica, in grado cioè di causare complesse complicanze, anche fatali, tra i più fragili, gli immunodepressi, i vaccinati che non producono un alto numero di anticorpi e, ovviamente, i no-vax». Così l’esperto spiega che, proprio perché è disponibile un antidoto efficace, l’infezione è più simile all’influenza: «Anche se si tratta di forme virali molto diverse, per patogenesi e storia naturale, i sintomi tendono a sovrapporsi». Sul fronte ospedaliero, i reparti di terapia intensiva al momento non sono assediati. «Ma bisogna insistere con la campagna di prevenzione, mettersi in isolamento per almeno cinque giorni, quando positivi al coronavirus, e utilizzare la mascherina, se si è avuto un contatto con un ammalato e in tutte quelle circostanze che possono essere considerate rischiose. Per il resto, a differenza del precedente biennio, non c’è necessità di particolari restrizioni nei comportamenti», rimarca Vaia.

CHI RISCHIA DI PIÙ

 Feste e tavolate, dunque, sono ammesse. «Con giudizio e attenzione agli anziani e ai fragili in famiglia: per loro resta raccomandata la dose booster a distanza di quattro mesi dall’ultima, magari associata alla profilassi contro i malanni stagionali. Oggi rischiano di più i pazienti oncologici, i trapiantati, i malati di Aids, quelli che hanno la leucemia e i portatori di patologie ematologiche; mentre chi ha sintomi respiratori, soprattutto se ha anche la febbre, non deve partecipare ai cenoni. Anche se ha un tampone negativo al Covid», la puntualizzazione. Viaggiare, andare all’estero o a sciare non deve far paura. «Nel 2020 molti contagi arrivarono dalle settimane bianche per gli assembramenti negli alberghi e sugli impianti. Ma, allora, nessuno era vaccinato e il virus aveva ben altra capacità di generare malattia grave», ricorda il manager dello Spallanzani. Quanto al report sui contagi, si registra un lieve aumento dell’incidenza. Le varianti in circolazione, le principali, sono Omicron BQ.1 e BQ.1.1, destinate a sostituire progressivamente la BA.5 «che resta al momento predominante, con il 90 per cento di casi», interviene Paolo D’Ancona, ricercatore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. Tra i sottotipi emergenti, con prevalenza più bassa, la XBB. «In particolare, la BQ.1 (detta Cerberus) è fra quelle attenzionate dall’Organizzazione mondiale della sanità, ma finora non sono emersi segni di una sua maggiore pericolosità». Per la prima volta, la nuova ondata sembra non avere un impatto così devastante. 

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Il Messaggero