Covid, Ricciardi: «I tamponi? Le Regioni si sono mosse tardi, adesso ricorrere ai privati»

Covid, Ricciardi: «I tamponi? Le Regioni si sono mosse tardi, adesso ricorrere ai privati»
La richiesta di tamponi comincia a diventare ingestibile. I tempi di attesa sono lunghissimi, i laboratori quasi al collasso. E con il passare del tempo la situazione potrebbe...

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La richiesta di tamponi comincia a diventare ingestibile. I tempi di attesa sono lunghissimi, i laboratori quasi al collasso. E con il passare del tempo la situazione potrebbe persino peggiorare. «Bisogna aumentare la capacità diagnostica e quindi il testing - avverte Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica di Roma - Ma lo dobbiamo fare rapidamente, perché purtroppo sta arrivando l’influenza: serviranno tutta una serie di quesiti diagnostici che dovranno scongiurare la paura da parte delle persone di avere il Covid».

 

Ma se si arranca adesso, come è possibile star dietro ad un aumento sempre maggiore di richieste?

«Un modello che ha funzionato è stato quello tedesco: hanno sostanzialmente ampliato la capacità diagnostica, sempre sotto la garanzia di sicurezza e qualità. Però tutte le strutture erano in grado di farlo, non soltanto le pubbliche, ma anche le private accreditate».

 

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Intende dire che occorre ricorrere ai laboratori privati?

«Certo, è necessario poter disporre di tutte le strutture in grado di garantire accuratezza e sicurezza dei test, in modo che la popolazione possa essere quanto più rapidamente testata».

 

La sanità pubblica getta la spugna?

«Quello che sta succedendo in molte regioni è dovuto al fatto che la sanità è stata depauperata da tanti anni di tagli. La medicina del territorio è messa male. Sono stati migliaia gli operatori dei servizi di igiene, sanità pubblica e prevenzione che non sono stati rimpiazzati».

 

Ma se si affida il servizio ai privati, non si rischia di perdere il controllo dei dati?

«Bisogna attrezzare un sistema di testing, che naturalmente poi faccia rapidamente confluire tutti quanti i dati in un unico flusso. È ovvio che i dati non possono essere sganciati gli uni dagli altri».

 

Le Regioni hanno già iniziato a muoversi?

«Sono state stabilite risorse importanti da parte dello Stato nei mesi precedenti per rafforzare il sistema di tracciamento. Le risorse sono state messe a disposizione delle Regioni, che devono utilizzarle per rafforzare il sistema. Questo significa assunzioni, stabilizzazioni, contrattualizzazioni. Però, ciò non toglie che, anche se il sistema regionale si rafforza, probabilmente c’è bisogno di ampliare la partecipazione a strutture che siano in grado di garantire qualità e sicurezza».

 

Le lunghe file per effettuare un test dimostrano però che se i finanziamenti sono arrivati le Regioni ancora non li hanno spesi a dovere.

«Evidentemente. Ma i fondi sono stati stanziati. È una questione di incapacità. Tanto è vero che alcune regioni, come Emilia Romagna e Veneto, si sono attrezzate».

 

Ma chi vigilerà sui laboratori privati perché i test siano davvero eseguiti secondo tutte le regole?

«È una questione organizzativa. Se devo mettere in piedi un sistema del genere, è chiaro che serve tempo. Ma questo andava fatto nei due, tre mesi più tranquilli. C’è stata secondo me una sottovalutazione della necessità di farlo più rapidamente. Ma adesso bisogna accelerare, perché tra un po’ arriva l’influenza e succede il finimondo».

 

Forse si sperava che l’epidemia sarebbe andata scemando.

«A parte qualche buontempone, chiunque si occupa di scienza e di sanità pubblica sa che ci saremmo trovati in questa situazione».

 

Il test molecolare è quello che dà la prova del nove del contagio. Però poi ce ne sono anche tanti altri, da quello sierologico ai test rapidi. Non crede che le persone così si sentano disorientate?

«Sicuramente i cittadini sì, e anche qualche operatore lo è. La scienza avanza così rapidamente che ad essere aggiornati su tutte le caratteristiche e su tutti i test bisognerebbe avere una specializzazione in scienze di laboratorio. Però, detto questo, è responsabilità delle Regioni disciplinare, organizzare e scegliere i test giusti: se devo fare dei test di screening servono i test rapidi, per i test diagnostici occorrono quelli molecolari».

 

Per continuare a gestire questa pandemia, pensa che i fondi del Mes potrebbero far comodo? «Assolutamente sì. Tutti i fondi che possiamo acquisire sono da canalizzare rapidamente per mettere in sicurezza il servizio sanitario nazionale. Abbiamo bisogno di risorse, ci sono stati mancati aumenti per oltre 36 miliardi, che quasi per caso sono gli stessi del Mes. Con i fondi avremmo una capacità di recupero, in pochi mesi, di tutti i tagli fatti nei passati 10 anni». 

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Il Messaggero