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Fanno fatica anche a salire le scale, soffrono di mal di testa, respirano male, hanno crisi depressive e devono sottoporsi a controlli continui. Sono i pazienti guariti dalla prima ondata del Covid-19. Quelli che, a distanza di mesi dai tamponi negativi, si trovano ancora a fare i conti con l'infezione. O meglio, con i suoi effetti su diversi organi: oltre che sui polmoni e sul cuore, come ora dimostra uno studio dell'Istituto Spallanzani di Roma, anche sul fegato, i reni, la milza e il midollo osseo. Il lavoro è stato appena pubblicato sulla copertina del "Journal of Infections Diseases". Questo significa che il virus, nel momento in cui entra nell'organismo, non si esprime solo con sintomi evidenti (dalla febbre, alla tosse al dolore oppressivo al petto) ma ha un impatto devastante generalizzato. Sia nell'anziano già colpito da altre malattie croniche sia sull'adulto considerato sano.
Covid, esami e visite in bilico: tornano i malati di serie B
A tracciare una sorta di profilo di coloro che sono riusciti a vincere il Covid sono i medici della Federazione delle Associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti che nei giorni scorsi si sono riuniti per il loro congresso annuale.
Covid, la lunga guarigione
«Quelli che avevano altre patologie prima del contagio hanno spesso visto peggiorare la loro situazione», raccontano i medici internisti toscani. «Altri li vediamo arrivare da noi con una grande stanchezza, qualche difficoltà respiratoria e tanta paura che l’incubo ritorni. Soprattutto quando ad essere stati colpiti sono i più giovani. E l’altro comun denominatore è uno stato depressivo che sicuramente non aiuta a imboccare la strada di una completa guarigione», racconta Paola Gnerre, dirigente a Medicina interna 2 dell’ospedale San Paolo di Savona. Dove è nato uno dei primi day hospital per ex pazienti Covid.
Il modello di ambulatorio, elaborato dai medici internisti ospedalieri per i "reduci del Covid" come li hanno battezzati, si sta ora diffondendo in varie nazioni. Proprio la medicina interna e stata in prima fila nella gestione dell’emergenza, con il 70% dei ricoveri Covid nei propri reparti. Ed è l’esperienza maturata sul campo ad aver mostrato come i pazienti sopravvissuti al virus continuassero ad avere problemi polmonari. Trasformati in cronici nel 30% dei casi. Nel protocollo del day hospital, oltre a diversi esami (da quelli cardiaci a quelli respiratoti) il paziente viene sottoposto al “walking test” di 6 minuti per vedere come va il respiro con una camminata veloce. «L’esperienza maturata in questi mesi di emergenza – spiega Dario Manfellotto, presidente Fadoi- ha rimesso in discussione la vecchia organizzazione ospedaliera basata sulla divisione in dipartimenti, favorendo l’approccio multispecialistico».
I primi in Italia ad avviare l'ambulatorio per gli ex-Covid sono stati i medici internisti dell’ospedale di Magenta, nell’area metropolitana milanese: «Abbiamo iniziato a seguire i più gravi .Ci siamo accorti che il 5% riporta cicatrici polmonari, mentre chi ha avuto episodi trombotici guarisce senza particolari strascichi. Che per tanti sono di natura psicologica» spiega Nicola Mumoli, alla guida di Medicina interna dell’ospedale. In Toscana sono stati avviati percorsi diversi per i pazienti ex Covid: uno per chi ha anche altre patologie oltre l'infezione e uno per chi e stato curato solo perché entrato in contatto con il virus.
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