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Il tracciamento dei contatti dei positivi sta saltando. Con 47 mila nuovi infetti, nell’ultima settimana, i servizi epidemiologici delle varie Regioni non riescono più a ricostruire tutte le catene del contagio. Anche considerando solo 3 contatti stretti, dovrebbero trovare e isolare almeno 150 mila persone, impossibile. «Si osserva un forte aumento nel numero di nuovi casi fuori dalle catene di trasmissione noti. Questa settimana le Regioni hanno riportato 9.291 casi dove non si è trovato il link epidemiologico (la settimana precedente erano stati 4.041)».
Questo recita il report di ieri della Cabina di regia del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità: testimonia che sono più che raddoppiati i positivi per i quali non si è capito come sia avvenuto il contagio, dunque non ha funzionato il tracciamento a ritroso. E questa statistica è riferita a una settimana fa, nei giorni successivi la situazione è peggiorata perché con l’esplosione di nuovi casi, fino agli 8.804 di ieri, il contact tracing è sempre più un inseguimento senza speranza.
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Non aiuta lo scarso utilizzo da parte degli italiani di Immuni (scaricata da una minoranza della popolazione, 8,1 milioni), l’applicazione che può aiutare a individuare coloro che sono venuti a contatto con un positivo. Ma non è solo colpa dei cittadini: in Veneto le segnalazioni dei positivi non sono proprio state inviate a Immuni; nel Lazio un cittadino, risultato positivo che aveva nel suo smartphone Immuni, non è riuscito a trovare all’Asl qualcuno che comunicasse la notizia al sistema di alert in modo da avvertire i contatti. Inutili i paragoni con la Corea del Sud, dove i “detective del virus” locali possono attingere dai dati dello smartphone e della carta di credito per individuare tutti gli spostamenti di un positivo. C’è una accelerazione decisa del numero di tamponi fatti, dunque della ricerca dei positivi, tanto che ieri si è sfiorata quota 160mila.
Ma questo impegno massiccio di risorse, concentrate sui test, non rischia di sguarnire altri servizi senza comunque restituire risultati davvero utili? A volte per inseguire gli asintomatici si fa attendere chi, con 38 di febbre, aspetta un tampone.
La tesi di Palù è che piuttosto bisogna ricorrere con più frequenza ai test antigenici rapidi. Perché? «Sono meno sensibili, ma in cinque minuti mi danno una risposta. Tra l’altro, il test antigenico ha più correlazione clinica, perché il tampone molecolare a volte rileva come positive persone asintomatiche con un virus non infettivo. Sarebbe importante sapere anche la carica virale, cosa che con il tampone molecolare non hai». Il tampone antigenico, che intercetta una carica virale più alta, di fatto, sostiene Palù, trova solamente chi è davvero contagioso. «Sia chiaro, il tampone molecolare dal punto di vista diagnostico è fondamentale, non vorrei essere equivocato. Ma in questa fase, come metodo di contenimento della pandemia, non è così utile, meglio il rapido».
Il Messaggero