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Un intervento di microchirurgia laser transorale su un modello di laringe sintetica. Ma con l’equipe medica in una sala a 15 chilometri di distanza e il supporto della tecnologia 5G. Il chirurgo che ha eseguito la straordinaria operazione è Matteo Trimarchi, professore associato all’Università San Raffaele di Milano.
Professor Trimarchi, ci sono stati ulteriori sviluppi?
«Era tutto pronto per un altro test, questa volta tra Lisbona e il San Raffaele. Purtroppo il Covid ha bloccato tutto e sul fronte dell’applicabilità c’è molto da fare. La chirurgia robotica invece è una realtà. Abbiamo il robot Da Vinci, grazie al quale chi opera è fisicamente lontano dal paziente, è seduto a una postazione dalla quale muove i bracci del robot. Ma in questo caso il robot è collegato ai cavi, con il 5G no».
L’intervento di telechirurgia che ha effettuato è andato bene?
«Benissimo. Il 5G non ha latenza e consideriamo che con un rallentamento della trasmissione dei movimenti e delle immagini sotto i 100 millisecondi non è possibile operare. Tra l’altro, quando è stato effettuato l’esperimento in pubblico su un modello di laringe sintetica, non si è visto cosa abbiamo fatto dopo».
Cioè?
«Abbiamo lavorato per altre due ore, ma su un preparato anatomico del laboratorio del San Raffaele portando a termine la rimozione di una corda vocale. E quei risultati importanti sono pubblicati sugli “Annals of International Medicine”».
Quando la chirurgia a distanza sarà realtà quotidiana?
«È ancora impossibile prevederlo, la quantità di dati da trasmettere nelle due direzioni è imponente. È se è vero che sarà una svolta nella formazione professionale e nella medicina, ci sono aspetti irrisolti. Per esempio, in caso di complicanza chi ne risponde? Il chirurgo in presenza o il collega che opera a distanza? La tecnologia sta correndo più veloce di noi».
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