Covid 19, «quattro Regioni sono ancora a rischio»: l'80% delle nuove infezioni è al Nord

Nella settimana tra il 22 e il 29 aprile l'80 per cento delle nuove infezioni e dei nuovi decessi è avvenuto in cinque regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna,...

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Nella settimana tra il 22 e il 29 aprile l'80 per cento delle nuove infezioni e dei nuovi decessi è avvenuto in cinque regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Liguria. Quattro hanno un aumento dei casi di contagio superiore alla media italiana. Tutte le altre regioni del centro-sud, ad esclusione delle Marche, hanno indici tutti al di sotto della media nazionale. Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha rimesso in fila questi numeri per spiegare che nella fase 2 servirà notevole cautela, anche perché c'è un grafico che il suo centro studi rilancia periodicamente: mostra su una linea verticale il tasso percentuale di crescita dei casi di positivi, su una orizzontale quanti sono per ogni centomila abitanti. Bene, nella casella maggiormente a rischio finiscono quattro territori del nord: Lombardia, Liguria, Piemonte e provincia autonoma di Trento. L'Emilia-Romagna, invece, è riuscita a portare la percentuale di incremento di nuovi casi sotto la media nazionale. Nella casella meno preoccupante, con bassa percentuale di crescita e bassa incidenza in base alla popolazione, sono nella posizione migliore Umbria, Basilicata, Sardegna, Calabria e Molise. Il Lazio si difende bene sulla base dei numeri di casi ogni centomila abitanti, è appena sopra la media italiana (così come la Sicilia) per la percentuale di incremento settimanale.




A quale conclusione arriva il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta? «Una fase 2 dell'emergenza improntata a regole uguali per tutte le regioni comporta un doppio problema: alcune aree del Paese dovranno sottostare a restrizioni eccessive, che favoriscono autonome fughe in avanti, come dimostra il caso Calabria. Per altre, la riapertura avverrà sul filo del rasoio perché dei 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro la maggior parte si concentra proprio nelle Regioni dove l'epidemia è meno sotto controllo». 


Altre nazioni hanno scelto misure diverse, da regione a regione, sulla base della circolazione del virus. L'Italia ha deciso di trattare Isernia come Bergamo e questo sta sollevando qualche perplessità. Dice Cartabellotta: «Il nostro monitoraggio indipendente sulle variazioni settimanali documenta un ulteriore alleggerimento del carico degli ospedali e in particolare delle terapie intensive. Tuttavia, sul fronte di contagi e decessi, nonostante il progressivo rallentamento, il numero dei nuovi casi non ha raggiunto quella prolungata stabilizzazione propedeutica alla ripartenza secondo le raccomandazioni della Commissione Europea». Secondo Gimbe in parte è condivisibile il principio di graduale riapertura del Governo, ma «l'avvio della fase 2 non rispecchia il principio della massima prudenza perché non tiene in considerazione le notevoli eterogeneità regionali delle dinamiche del contagio».
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Il Messaggero