Coronavirus, il sangue di chi guarisce funziona. «Pazienti migliorati in 3 giorni»

Coronavirus, uno studio pilota effettuato in Cina afferma che «con il sangue dei guariti si ottengono miglioramenti in 3 giorni». Lo studio pilota...

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Coronavirus, uno studio pilota effettuato in Cina afferma che «con il sangue dei guariti si ottengono miglioramenti in 3 giorni». Lo studio pilota realizzato in Cina suggerisce, infatti, la fattibilità della terapia a base di 'plasma convalescente', il cosiddetto sangue dei guariti, per il trattamento di pazienti con Covid-19.


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Lo studio, pubblicato su 'Pnas' e condotto dai ricercatori della Shanghai Jiao Tong University School of Medicine, segnala dei miglioramenti in un piccolo gruppo di pazienti già dopo 3 giorni dalla somministrazione della terapia a base di plasma. Il team di Zhu Chen, Xinxin Zhang, Xiaoming Yang e colleghi ha esplorato la fattibilità di questo approccio su 10 pazienti con forme gravi di Covid-19, tra i 34 e 78 anni.

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Lo studio



I pazienti hanno ricevuto la trasfusione di una dose di 200 ml di plasma convalescente derivato da donatori guariti da poco da Covid-19 e contenente «alti livelli di anticorpi neutralizzanti». Entro 3 giorni dalla trasfusione i sintomi clinici, come febbre, tosse, respiro corto e dolore toracico «sono notevolmente migliorati e i pazienti hanno mostrato un aumento della conta dei linfociti, un miglioramento della funzionalità epatica e polmonare e una riduzione dell'infiammazione», fanno sapere i ricercatori. Inoltre i livelli di anticorpi neutralizzanti sono aumentati o rimasti elevati dopo la trasfusione.  Ed entro 7 giorni dalla trasfusione, sono stati osservati vari gradi di riassorbimento delle lesioni polmonari grazie alle Tac toraciche. E ancora, dopo l'infusione di plasma convalescente «non sono state osservate gravi reazioni avverse». I risultati, sebbene preliminari, suggeriscono che la terapia a base di 'sangue dei guaritì potrebbe essere «un trattamento sicuro e promettente per pazienti con Covid-19 gravi». Secondo gli autori il lavoro evidenzia anche la necessità di ulteriori indagini in studi clinici controllati e randomizzati.

 
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Il Messaggero