Coronavirus, Cauda (Gemelli): «Picco vicino, ma casi per settimane. Il pericolo è l'Europa»

Le prime stime sulla durata dell'epidemia da nuovo Coronavirus, il picco in arrivo e la paura del contagio di ritorno: per gli esperti è arrivato il momento di guardare...

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Le prime stime sulla durata dell'epidemia da nuovo Coronavirus, il picco in arrivo e la paura del contagio di ritorno: per gli esperti è arrivato il momento di guardare all'Europa, perché adesso serve una strategia comune.


Professore Roberto Cauda, direttore di Malattie infettive del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma, i casi di contagio continuano ad aumentare, l'Italia guarda alle Regioni del Nord e si chiede se, per raggiungere quell'epidemia, è solo questione di tempo?
“No. Se non facessimo nulla sarebbe solo questione di tempo. Ma abbiamo messo in campo misure contenitive da cui ci aspettiamo una risposta efficace. La medicina oggi deve prevenire, stiamo seguendo questa strada mai come prima d'ora”.

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Quando non si è fatto?
“Pensiamo all'Asiatica. Allora le misure di contenimento non si sono fatte, non c'era la percezione della salute che abbiamo. Ora invece abbiamo deciso di chiudere tutta l'Italia per arginare l'infezione, abbiamo adottato la distanza sociale anche per identificare i malati, seguirne i contatti e metterli in quarantena. Si tratta di misure mai adottate per nessuna malattia infettiva, che si trasmette per via aerea”

Si rileveranno misure efficaci?
“Ritengo di sì, vedremo tra un paio di settimane. Abbiamo preso Codogno come esempio”.

Cioè?
“A Codogno, una volta chiusa, il contagio si è arrestato: non ci sono stati nuovi contagiati, vuol dire che abbiamo superato la collina”.

L'Italia quando ne uscirà?
“Potrebbe trattarsi di settimane, forse mesi. Possiamo solo fare previsioni: spero per maggio. Ma è un'incognita. Tutti i giorni in Cina, ad esempio, si guarda il numero contagiati e in base ai dati si modulano le misure di contenimento. Ma ancora non sono tornati alla normalità. Io credo che in Italia ci vorranno settimane, un mese o qualcosa di più, per uscirne. Il “Generale” caldo ci darà una mano perché i vecchi coronavirus, come i raffreddori, d'estate scompaiono”.

Ma il picco è previsto per la prossima settimana
“Sì, non vuol dire però che poi il virus sparisce, non si possono riprendere subito le abitudini sociali di prima. Altrimenti si ricomincia. Adesso guardiamo all'Europa”

In che senso?
“Servono misure a livello europeo: è necessaria una leadership europea forte, perché se ognuno fa per conto suo il problema si risolve solo in casa mia”.

Vuol dire che, una volta sconfitto in Italia, potrebbe tornare dall'estero?
“E' quel che sta accadendo in Cina: si teme l'arrivo di nuovi casi di importazione. Ora hanno paura che qualcuno riporti il contagio e la malattia possa riprendere vigore”.

Un contagio di ritorno?
“Dobbiamo pensare che la popolazione non ha avuto il tempo per sviluppare l'immunità, il numero dei contagiati cresce perché non abbiamo gli anticorpi quindi è vulnerabile il 100% della popolazione”.

L'Italia si sta salvaguardando nel modo giusto?
“Abbiamo applicato un lockdown forte, ci stiamo comportando responsabilmente: siamo tutti a casa. Ricordiamoci è si tratta di una misura limitata del tempo. Io vivo a Roma e vedo che i romani stanno seguendo le regole”

La Capitale ha risposto bene?
“Direi proprio di sì, non c'è nessuno in giro: vuol dire che la gente è responsabile. Ho sentito definire Roma come Gost city, ma aveva un'accezione buona. Stiamo dando una prova forte, di un popolo di persone serie. L'Europa ci guarda e sa che il virus non è arrivato qui per i nostri stili di vita sbagliati: sa anche che il nostro sistema sanitario è tra i migliori al mondo. Stiamo dando l'esempio, ci osservano per questo”

Però i casi continuano ad aumentare
“Il virus è nuovo, quindi la popolazione è vergine: l'aumento esponenziale dei casi non ci stupisce. Inoltre il contagio si trasmette attraverso la via più facile: parlando, starnutendo, portando le mani alla bocca. Ha un accesso facilitato, in questo somiglia al virus influenzale. Se ci fosse un vaccino ci sarebbe di aiuto ma non c'è"

Una volta passata l'epidemia, sarà ancora utile il vaccino? Per la sars esiste?
“La Sars dal 2004 è scomparsa, il vaccino non serve più. Ma credo che in questo caso il vaccino ci sarà anche se, forse, il problema sarà superato. Non saremo immuni ma potremo contenere e impedire il ritorno”.

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Il Messaggero