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Depressione, ansia, insonnia e sindrome da stress post-traumatico (Ptsd). Sono questi i disturbi di cui soffre chi è stato ricoverato per coronavirus a distanza di tre mesi dalle dimissioni dall'ospedale. L'ha rilevato uno studio condotto dall'Irccs ospedale San Raffaele di Milano, coordinato da Francesco Benedetti: psichiatra, Group leader dell'Unità di ricerca in Psichiatria e psicobiologia clinica e professore associato presso l'università Vita-Salute.
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La depressione è il sintomo più persistente
Il lavoro, pubblicato su 'Brain, Behavior and Immunity', mostra come la depressione sia quella che persiste maggiormente nel tempo. Perché? La gravità è strettamente legata all'intensità dello stato infiammatorio sistemico che segue le forme gravi di Covid, anche per mesi dopo la guarigione. Però, spiegano gli esperti, è che i pazienti con queste forme depressive risultano particolarmente responsivi alle terapie psicologiche e farmacologiche a disposizione.
A soffire di più le donne
Ma quali sono le categorie che patiscono maggiormente gli effetti del cononavirus? «A soffrire di più sono le donne e le persone con una precedente storia di disturbi psichiatrici, sebbene queste ultime siano anche quelle che hanno mostrato nel tempo il miglioramento maggiore, probabilmente perché hanno maggiore dimestichezza e disponibilità con le terapie, sia psicologiche sia farmacologiche», afferma Benedetti. Dallo studio condotto su 226 pazienti (di cui 149 uomini, età media 58 anni) presi in carico dall'ambulatorio di follow-up post Covid istituito dal San Raffaele nel maggio 2020, è emersa la «stretta relazione tra risposta del sistema immunitario, stato infiammatorio e persistenza dei sintomi depressivi».
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La notizia positiva
C'è però un messaggio positivo dallo studio. «Anche grazie al fatto che iniziamo a comprendere i meccanismi alla base di questi disturbi - spiega Benedetti -, le terapie a disposizione, psicologiche e farmacologiche, possono essere scelte in modo accurato e personalizzato, e risultano quindi particolarmente efficaci».
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Il Messaggero