Da Milano a Foggia, da L'Aquila a Brescia, da Trieste a Trapani passando per tante altre città grandi e piccole, sedi di ospedali nei quali è stata affrontata...
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Trentasette racconti, in maggioranza di donne medico, ambientati soprattutto nelle zone e nei “fronti” più colpiti come la Lombardia e la medicina di base, ma che spiegano anche come la “fase 1” sia stata vissuta da tutti i medici italiani con angoscia e rischi crescenti, ma pure con spirito di condivisione. L'idea nasce da un gruppo Facebook per soli medici, al quale durante il lockdown si sono iscritti circa centomila sanitari, in cerca di aiuto professionale, psicologico e pratico. Post tecnici, richiesta di informazioni, ma anche veri e propri sfoghi di chi vedeva ammalarsi o morire pazienti, familiari e colleghi. Così Luisa Sodano, ha lanciato l’idea di realizzare un libro emozionale basato sui racconti del vissuto di chi era in prima linea: medici
e pediatri di base, ospedalieri, ricercatori, liberi professionisti, medici militari, neolaureati e
specializzandi «che nel loro insieme fanno capire da un lato le tragedie, dall’altro i miracoli
di autorganizzazione e di resilienza, avvenuti in Italia» - afferma la Sodano.
Vedi anche > La psicologa dell'ospedale: «Gli incubi dei pazienti che escono dalla Terapia intensiva, c'è chi pensa di essere un assassino»
La scelta, poi, è stata chiara dall'inizio: i diritti d’autore saranno devoluti alle famiglie dei medici deceduti nella pandemia, un modo per aiutare a risolvere qualche problema e onorare le vittime.
«Abbiamo ascoltato le voci di tutti. Di chi: è solo in Cina, è solo un’influenza, tanto muoiono solo i
vecchi, sì ma è meglio stare a casa. Abbiamo sentito le voci di chi: non ce lo dicono, il 5g, di chi: nuove ondate, vecchie ondate, nuovo picco, vecchie statistiche. Le voci - è una delle autrici a parlare - di chi: la mascherina fa male, io non copro il naso, io ancora non esco di casa che non mi fido. Le voci di molti, ma non di tutti. Non abbiamo ancora sentito quelli che nell’epidemia c’erano davvero. Di coloro che si sono trovati a gestire qualcosa che non conoscevano, e hanno provato a farlo nel modo migliore che potessero. Che nei loro limiti umani ci sono riusciti. Credo che questo libro significhi questo: ascoltare la voce di chi era lì, ha preso decisioni, si è infettato per sostenere un paziente, ha visto e sentito il virus sotto pelle, ha avuto paura, ma in qualche modo è sopravvissuto a tutto questo. E lo vuole raccontare. Le “emozioni virali” sono le emozioni di quegli “affetti collaterali” che il virus ha contribuito a creare».
Un libro di storie autentiche, di vissuto personale di ciascuno degli autori, di fatiche, disperazione, coraggio, speranza e soddisfazione per i risultati raggiunti
Vedi anche > Coronavirus, il fotoracconto della geriatria del "Goretti". Ora l'idea di una mostra Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero