Covid19 ed aria condizionata, ci risiamo. Se n’era già parlato nei giorni scorsi ma ora dalla Cina sembra arrivare una nuova conferma: i condizionatori in ambienti...
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A lanciare l’allarme è uno studio cinese condotto da 3 centri di ricerca di Guangzhou e in via di pubblicazione - a luglio 2020 - sulla rivista americana Emerging Infectious Diseases. Si tratta del foglio di ricerca del Centers for Disease Control and Prevention, un importante organismo di controllo sulla sanità pubblica a stelle e strisce. I ricercatori hanno esaminato il caso specifico di un ristorante proprio nella città portuale di Guangzhou, nel Sud della Cina, stabilendo che dal 26 gennaio al 10 febbraio 2020, 10 persone di 3 differenti nuclei familiari (A, B e C nell'immagine) hanno contratto la Covid19 dopo aver pranzato nella struttura.
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Un mini-focolaio che si sarebbe innescato a causa di uno di questi commensali che, asintomatico, ha infettato gli altri. Nulla di strano purtroppo. Il fenomeno interessante è che i 9 sfortunati sono stati contagiati indipendentemente dalla distanza a cui si trovavano. Tra i positivi al Coronavirus infatti, sono finiti sia coloro che erano seduti allo stesso tavolo del “paziente 1” sia coloro che si trovavano seduti a qualche metro di distanza.
A contrarre il coronavirus però non sono stati tutti i clienti del ristorante ma solo quelli che avevano trovato posto in un punto preciso del locale. A legare i destini dei 10 pazienti sarebbe stato l’impianto di areazione della struttura. Tutti i contagiati, secondo i ricercatori, si trovavano sulla traiettoria seguita dall’aria condizionata del ristorante. Il flusso rinfrescante avrebbe quindi agito da veicolo per i droplets trasportandoli verso gli altri commensali, bypassando il metro e mezzo di distanza che intercorreva tra loro. In pratica se da un lato il paziente asintomatico non ha contagiato tutti i 73 avventori del locale né gli 8 camerieri a lavoro è perché tra loro la distanza era sufficiente ad evitare il contagio. Dall'altra la presenza di forti flussi d’aria come quelli emessi dai condizionatori ha reso quei metri di separazione insufficienti.
Sono però gli stessi ricercatori a sottolineare come lo «studio abbia dei limiti» dato che non è stato verificato empiricamente né sono stati eseguiti «studi sierologici su familiari asintomatici negativi al campione di tampone o su altri commensali per stimare il rischio di infezione». In ogni caso, in attesa di ulteriori verifiche, quello dell'aria condizionata rischia di essere un problema in più per ristoranti e locali commerciali che puntavano a riaprire quando la bella stagione sarà già iniziata.
Il Messaggero