Proprio nell'occhio del ciclone dell'epidemia di coronavirus che sta rubando l'aria ai polmoni di migliaia di vittime, un uomo è tornato a respirare...
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Lo rende noto il Centro nazionale Trapianti. Quello che fino a ieri - si legge in una nota - era un processo di routine (sono stati 150 i trapianti effettuati a Bergamo nel 2019), oggi ha quasi dell'eccezionale: per l'enorme pressione alla quale è sottoposto il personale del Papa Giovanni XXIII, ma anche quello dell'intera rete trapiantologica nazionale, che sta facendo i conti con il sovraccarico delle rianimazioni e con le forti limitazioni della circolazione. Nonostante l'emergenza in corso, l'ospedale di Bergamo ha accettato dalla sala operativa romana del Centro nazionale trapianti l'offerta dei due polmoni disponibili e il Centro regionale della Lombardia ha organizzato immediatamente le operazioni di prelievo e trasporto.
Un volo privato ha portato a Ciampino i medici bergamaschi Mara Giovannelli e Marco Fabrizio Zambelli, i quali hanno prelevato gli organi e li hanno portati fino allo scalo di Orio al Serio e da lì in sala operatoria. Ad attenderli c'era l'equipe di Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d'organo e trapianti del Papa Giovanni XXIII, con i chirurghi Annalisa Amaduzzi e Antonio Camillò e gli anestesisti Giusy Starita e Bruno Carrara. L'intervento è durato sette ore e mezza: c'è stata una buona ripresa della funzione polmonare e ora il paziente è in condizioni critiche ma stabili e in progressivo miglioramento, supportato dall'ossigenazione extracorporea Ecmo. «Questo non è solo un trapianto, è uno straordinario messaggio di speranza per tutti i nostri pazienti in lista d'attesa che oggi si sentono minacciati più degli altri dal coronavirus: la Rete trapianti non si ferma, è unita e solidale dal Nord al Sud del Paese e sta facendo il massimo per garantire l'attività di trapianto anche nelle zone più duramente colpite dall'epidemia», dichiara il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo.
«Il paziente era in condizioni gravissime e si trovava in terapia intensiva da oltre un mese senza aver avuto opportunità per il trapianto, anche perché la disponibilità di donatori specialmente qui nel Nord Italia si sta riducendo per colpa dell'epidemia», racconta Colledan: «Quando è arrivata quest'occasione abbiamo pensato tutti che non potevamo sprecarla». «Un trapianto di polmone - sottolinea Colledan - è un intervento complesso ma che qui a Bergamo affrontiamo di frequente, l'anno scorso ne abbiamo eseguiti 13.
Il Messaggero