Il naso può 'ricrescere' in laboratorio a partire da tessuti prelevati dallo stesso paziente, evitando interventi chirurgici di autotrapianto invasivi e dolorosi. Il...
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Il naso è la parte più spesso colpita da tumori cutanei diversi dal melanoma, perchè particolarmente esposto alla luce del sole. Per 'ripararlo' in caso di danni, la tecnica oggi più utilizzata consiste nel prelevare e trapiantare sul naso una porzione di cartilagine del setto nasale, dell'orecchio o di una costola. Un'operazione invasiva e a rischio di complicanze. Gli scienziati elvetici hanno sperimentato un'altra via, i cui risultati sono pubblicati su 'Lancet' e ripresi dai media internazionali.
Dopo aver estratto delle cellule di cartilagine (condrociti) dal setto nasale di ognuno dei 5 pazienti - riferisce il Telegraph - le hanno fatte moltiplicare per 2 settimane in laboratorio con specifici fattori di crescita. Quindi le hanno 'seminate' su membrane cartilaginee usate come impalcatura, lasciandole crescere per altri 15 giorni. In questo modo hanno ottenuto cartilagini di dimensioni 40 volte maggiori rispetto a quelle di partenza. E una volta modellate nella forma necessaria al singolo paziente, le hanno innestate con successo.
«La cartilagine ingegnerizzata ha prodotto risultati comparabili a quella autotrapiantata», spiega Ivan Martin dell'ateneo basilese, ma in modo mini-invasivo e non rischioso. «La tecnica può favorire una migliore accettazione del nuovo tessuto da parte del paziente - aggiunge - migliorando anche la stabilità e la funzionalità delle narici». Secondo il ricercatore, la metodica apre la strada all'utilizzo di cartilagini fabbricate 'in provettà anche per ricostruzioni più complesse: del viso, di nasi interi, della palpebra, dell'orecchio. E tessuti così prodotti sono già allo studio per la riparazione dell'articolazione del ginocchio. Ma gli scienziati invitano alla cautela.
«Nonostante il nostro ottimismo - avverte Martin - l'uso di questa procedura nella routine clinica è ancora lontano. Richiede infatti una rigorosa validazione su gruppi più ampi di pazienti, nonchè lo sviluppo di un modello di produzione sostenibile e costo-efficace». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero