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Roberto Burioni si racconta, dal virus fino alla vita privata. Tra presente e passato. Spera ancora nel dialogo con i No vax? «Le do la risposta a cui credo, che è quella che mi amareggia di più. Non ci può essere alcun dialogo ormai. Essere No vax, alla luce di quanto sappiamo dei vaccini, è una scelta irrazionale. Impossibile convincere con le armi della ragione chi fa scelte irrazionali. Anche il tifo calcistico è irrazionale. Io sono tifoso della Lazio: secondo lei qualcuno, ragionando con me, potrebbe portarmi a tifare per una squadra che vince di più, tipo la Juventus?». Così il virologo dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano in un'intervista a Il Corriere della Sera che esce in libreria con “La formidabile impresa” (Rizzoli).
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La minacciano ancora i No vax? «Sì ma non ci penso più di tanto», continua. Ha avuto paura qualche volta? «Spesso, non lo nego». Non ha mai riso delle minacce? «Una volta uno ha scritto “Bulloni criminale, satanista, piddino”», ricorda. Lei è del Pd? «Mai avuto tessere di parito. Sono un liberale di sinistra, questo sì», ammette Burioni. Il primo voto? «Ai Radicali di Pannella».
Quando ha capito la piega che stava prendendo il Covid? «A gennaio 2020.
Che cosa le ha dato la pandemia che prima non aveva? «Penso ad alcune amicizie con persone che prima non conoscevo. Il generale Figliuolo, per esempio. Ma soprattutto Fabio Fazio», osserva. Hanno scritto che guadagna cifre stratosferiche andando ospite a Che tempo che fa. «Nessuno ha scritto le cifre esatte e comunque sono fatti miei e dell'agenzia dell'Entrate. Vuol sapere la cosa che mi colpisce di più delle polemiche sui compensi?, replica Burioni. Che cosa? «In Italia se uno vince dieci milioni al Superenalotto, cioè senza avere alcun merito, la gente è felice per lui. I soldi guadagnati mettendo a frutto anni di studio e di lavoro, quelli no, a tanti danno fastidio», avverte. Si è chiesto perché? «Invidia, credo. Al Superenalotto hanno l'ambizione di poter vincere tutti. Lo studio e la fatica sono un'altra cosa, evidentemente», rimarca. Il suo sogno da piccolo? «Fare il camionista».
Il Messaggero