OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Astronauti professori in sala operatoria.
Per insegnare ai neurochirurghi di domani come affrontare le situazioni di emergenza senza mai perdere la concentrazione. Come lavorare al meglio in squadra. Come gestire lo stress in una situazione di pericolo. Facendo finta, insomma, di essere in una navicella riuscendo, al contempo, a prendere decisioni, intervenire rapidamente, collaborare in équipe, mantenendo il paziente sempre al centro dell’intera operazione. È la scelta, tutta proiettata al futuro, della scuola di Specializzazione in Neurochirurgia dell’Università di Milano. Astronauti e studenti sono protagonisti del progetto Astro-Nets (Astronauts for Neurosurgery Training Scheme). Nato dalla collaborazione tra l’Istituto Neurologico Besta, la scuola di Specializzazione in Neurochirurgia dell’Università di Milano, la Fondazione Heal che sostiene la ricerca neuro-oncologica e Deep Blue, l’azienda italiana selezionata dall’Agenzia Spaziale Europea per l’addestramento della nuova classe di astronauti.
IL TESTIMONIAL
Testimonial è Paolo Nespoli, classe 1957, astronauta, ingegnere e militare. Nelle tre missioni a cui ha partecipato (2007, 2010-2011 e 2017) è rimasto nello spazio per 313 giorni, 2 ore e 36 minuti. «Immagina di essere un giovane specializzando in Neurochirurgia: per anni hai studiato, centinaia di ore, e, in sala, hai guardato altri operare. Poi, un giorno, tocca a te. Il training, la preparazione, è fondamentale. Non solo per imparare la tecnica, ma anche per acquisire sicurezza e saper gestire i molti possibili imprevisti. La realtà virtuale o aumentata e l’intelligenza artificiale obbligano a una trasformazione – così il professor Francesco DiMeco Direttore della Scuola di specializzazione in Neurochirurgia dell’Università degli Studi di Milano alla guida del Dipartimento di Neurochirurgia dell’Istituto Neurologico di ricerca Carlo Besta spiega l’idea di unire astronauti e neurochirurghi – Di qui lo sviluppo di strumenti di simulazione che permettano la maturazione della migliore competenza tecnica senza mettere a rischio l’incolumità del paziente.
IL CONFRONTO
«In questo percorso, l’astronauta e ingegnere Paolo Nespoli è stato preziosa fonte di confronto – fa sapere il dottor Alessandro Perin, neurochirurgo dell’Istituto Besta – Vogliamo capire se anche i neurochirurghi possono beneficiare di un addestramento completo, come avviene già per gli astronauti e per i piloti di aerei. Non è più accettabile formare i medici, compresi i neurochirurghi, mediante un apprendistato che procede anche per tentativi ed errori. Quando saliamo a bordo di un aereo, non ci chiediamo chi sia il pilota, che aspetto abbia, se sia o meno qualificato; ci fidiamo, senza dubbi o paure. Vogliamo che un domani questo avvenga anche per i pazienti che devono risolvere un problema di salute e affrontare un intervento chirurgico». Intervento che, in neurochirurgia, è sempre più frequente anche da sveglio. Con il paziente vigile. Una tecnica che, spiegano gli specialisti dell’Istituto Besta, è adottata per trattare alcune forme di tumore cerebrale, epilessia farmaco-resistente o malformazioni artero-venose. L’ultimo caso, poco prima di Natale all’ospedale di Cremona. Ha suonato due tamburi mentre attorno a lui (39 anni, fisico, ricercatore a Barcellona) un’equipe di medici gli rimuoveva un tumore dall’insula, area del cervello da cui dipendono funzioni come il linguaggio, il movimento e la creatività. «Mai avrei pensato di esibirmi in sala operatoria, mi sembrava di vivere dentro un sogno» è il commento del paziente che fino a qualche anno fa suonava la batteria. Quando i chirurghi gli hanno chiesto di smettere, ha rilanciato: «Posso suonare ancora dieci minuti?».
Leggi l'articolo completo suIl Messaggero