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Un farmaco contro l'artrite «riduce la morte nei pazienti ricoverati in ospedale con Covid-19 di ben due terzi», dando ai medici una nuova potente arma contro il coronavirus. Una pillola quotidiana, assegnata per la prima volta come potenziale rivoluzionario anti virus da un'azienda britannica, «riduce i decessi del 71% in quelli con malattie moderate o gravi», spiegano i ricercatori. Il farmaco funziona solo negli anziani, nella speranza che possa salvare proprio la categoria considerata «la più vulnerabile». Un passo avanti importante, aspettando ulteriori test clinici.
Chiamato “baricitinib” e commercializzato con il marchio Olumiant, si tratta di un farmaco relativamente nuovo per l'artrite reumatoide disponibile da soli tre anni. Ma a febbraio è stato identificato come un forte candidato per aiutare a trattare quella che allora era la nuova minaccia del coronavirus. Il farmaco è stato scelto da BenevolentAI, con sede a Londra, che ha già esaminato migliaia di medicinali esistenti. Il suo programma di intelligenza artificiale prevedeva che baricitinib avrebbe «ridotto la capacità del virus di infettare le cellule polmonari». Ora l'idea è stata convalidata dai ricercatori europei, guidati dall'istituto svedese Karolinska, che riferiscono che baricitinib ha ridotto di due terzi i tassi di mortalità nei ricoverati in ospedale con la malattia.
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Il professor Justin Stebbing, specialista in cancro dell'NHS, dell'Imperial College di Londra, ha predetto che baricitinib avrebbe aiutato a salvare migliaia di vite: «La storia dei trattamenti per Covid non ha lasciato in piedi molti farmaci. Ciò che è rimasto sono alcune droghe scoperte dagli inglesi. Una di queste è lo steroide desametasone, che ha ridotto del 33% il rischio di morte nei pazienti con Covid gravemente malati. I risultati, sulla rivista Science Advances, provengono da pazienti ricoverati con polmonite Covid-19 in due ospedali, in Italia e in Spagna». Il professor Volker Lauschke, della Karolinska, che ha guidato lo studio, ha affermato: «Questi risultati sono particolarmente incoraggianti visto che lo studio includeva un'ampia numero di pazienti anziani».
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Il Messaggero