Apnee notturne nei bambini, come riconoscerle e trattarle: «Serve una terapia per evitare gravi conseguenze»

A puntare i riflettori su questa sindrome è stata la sezione Emilia Romagna della Società italiana di pediatria preventiva e sociale, la quale considera l'apnea notturna come uno dei disturbi del sonno più diffusi in età pediatrica

Apnee notturne nei bambini: come riconoscerle e trattarle
Di giorno nervosi, sempre un po' raffreddati e con la voce nasale. Di notte irrequieti e insonni. Sono i bambini che soffrono della sindrome dell'apnea ostruttiva nel...

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Di giorno nervosi, sempre un po' raffreddati e con la voce nasale. Di notte irrequieti e insonni. Sono i bambini che soffrono della sindrome dell'apnea ostruttiva nel sonno (Osa), una patologia che impedisce di mantenere una corretta respirazione durante il riposo: chi è colpito dalla patologia riporta frequenti interruzioni del flusso respiratorio.


Non si tratta di una condizione poco frequente. Anzi, negli ultimi anni i casi pediatrici di Osa sono aumentati. Se trascurati, cioè diagnosticati tardivamente e non adeguatamente trattati, possono comportare una serie di problemi più seri anche in età adulta.

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Apnee notturne nei bambini, tra i disturbi piu' diffusi


A puntare i riflettori su questa sindrome è stata la sezione Emilia Romagna della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), la quale considera l'apnea notturna come uno dei disturbi del sonno più diffusi in età pediatrica. «Il sonno è un bisogno primario, ancor più per i bambini - spiega Susanna Esposito, ordinaria di Pediatria all'Università di Parma e presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale Emilia Romagna - Qualora risulti alterato, può avere un impatto rilevante sul benessere del bambino e potenziali ripercussioni nell'età adulta, con conseguenze di rilevanza sociale, compreso un aggravio dei costi sanitari dovuti alle conseguenti comorbilità cardiovascolari e metaboliche».

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L'anatomia


Si stima che l'Osa colpisca tra il 2 e il 6% della popolazione, con esordio prevalente tra il secondo e il sesto anno di età. Sopra i due anni di età le principali cause per l'insorgenza di questa patologia sono rappresentate dall'ipertrofia delle adenoidi e delle tonsille, l'eccesso di peso e i disformismi cranio-facciali, mentre tra 0 e 23 mesi a favorire l'ostruzione sono soprattutto i fattori anatomici quali la forma del viso e anomalie del cranio, sindromi genetiche, ostruzioni nasali e faringee.
«Tra i bambini spiega Andrea Bergomi, pediatra di famiglia Ausl di Modena, e vicepresidente Sipps Emilia Romagna - questa patologia presenta sia sintomi diurni che notturni. Durante il giorno segnali indicativi possono essere respiro orale, irritabilità, voce nasale, rinite cronica, cefalea mattutina, scarsa concentrazione scolastica, rallentamento della crescita. Durante la notte sono invece presenti russamento, pause respiratorie nel sonno, respiro orale, modificazione del colorito cutaneo, sensazione di soffocamento, paura e agitazione, sudorazione intensa, insonnia. Se non trattata adeguatamente, l'Osa può condurre, anche in età pediatrica, a complicanze gravi a causa soprattutto delle ipossiemie intermittenti».
Ci sono vari livelli di trattamenti in base ai diversi fattori che ne sono la causa. La terapia in età pediatrica prevede un approccio farmacologico a base di corticosteroidi nasali, mentre una terapia chirurgica, efficace nel 70-100% dei casi, è riservata al trattamento delle malformazioni cranio-facciali e dellipertrofia adenoidea e/o tonsillare.

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La mascella


Infine, la terapia ortodontica, finalizzata all'ampliamento del palato duro attraverso l'applicazione di un apparecchio ortodontico fisso, trova indicazione nei bambini con contrazione trasversale della mascella e malocclusione dentale.


«I bambini non trattati - sottolinea Esposito - presentano più spesso deficit cognitivi o delle funzioni neuropsicologiche, con conseguenze sullo stato dell'intelligenza generale e verbale, sulle funzioni esecutive e di apprendimento, sulla memoria, sul linguaggio. È dimostrato che il trattamento della patologia nei bambini migliora le loro capacità cognitive e le performance scolastiche e sociali».

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Il Messaggero