Alzheimer, vivere in un quartiere povero aumenta di oltre il 20% il rischio di sviluppare la malattia: la ricerca

Lo studio è stato condotto dalla University of California di San Francisco: ecco cosa è stato scoperto

Vivere in un quartiere povero aumenta fino a oltre il 20% il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer o altre forme di demenza, a prescindere dai fattori individuali....

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Vivere in un quartiere povero aumenta fino a oltre il 20% il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer o altre forme di demenza, a prescindere dai fattori individuali. È il risultato di uno studio coordinato dalla University of California di San Francisco, presentato al congresso della Alzheimer's Association e pubblicato su Jama Neurology.

«È stato dimostrato che vivere in un quartiere svantaggiato dal punto di vista socioeconomico influisce negativamente sulla salute, sui vari comportamenti, sui livelli di stress, oltre che sull'accesso al cibo, alla sicurezza e all'istruzione», scrivono
i ricercatori. Non è chiaro, invece, quanto tutto ciò si rifletta sul rischio di demenza.

La ricerca

Il team ha analizzato i dati di oltre 1,6 milioni di americani afferenti alla Veterans Health Administration, mettendo in relazione il loro stato di salute con il quartiere di residenza, classificato sulle base di un'indice che ne valutasse il livello di svantaggio socio-economico.

«Lo studio ha dimostrato che, al di là dei fattori di rischio presenti a livello individuale, il livello di svantaggio del quartiere era associato negativamente alla salute del cervello anche in una popolazione che, almeno in teoria, ha pari accesso alle cure», ha fatto sapere il team di ricerca.

La statistica

In particolare, rispetto a chi viveva nei quartieri più agiati, le persone che vivevano in quelli più critici presentavano un rischio di sviluppare la patologia aumentato del 22%.
I meccanismi attraverso cui l'ambiente di residenza può influenzare la salute del cervello, secondo i ricercatori, sono molti: per esempio «i quartieri svantaggiati dal punto di vista


socioeconomico possono avere più fattori di stress e meno risorse, che possono ostacolare attività che invece fanno bene a livello fisico e psicologico».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero