Nuove strategie farmacologiche contro la neurodegenerazione alla base della malattia di Alzheimer arrivano da uno studio sulla proteina Tau, 'chiavè del regolare...
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Partendo da questo assunto, lo studio ha indagato nello specifico l'impatto sull'aggregazione della proteina Tau dell'ubiquitina - una proteina segnale che veicola i suoi bersagli alla degradazione, ottenendo per la prima volta informazioni importanti a livello molecolare che contribuiscono a determinare il ruolo dell'ubiquitinazione nella neurodegenerazione. La ricerca è stata coordinata dal gruppo di ricerca di Chimica delle biomacromolecole dell'università di Verona, composto da Mariapina D'Onofrio, Francesca Munari, Carlo Giorgio Barracchia, Francesca Parolini e Michael Assfalg, del dipartimento di Biotecnologie, diretto da Paola Dominici, in collaborazione con Stefano Capaldi e Alessandro Romeo dell'università di Verona, e con l'università di Padova. Hanno finanziato lo studio Alzheimer's Association, Fondazione Umberto Veronesi e università di Verona.
«La malattia di Alzheimer si caratterizza per la presenza, nel cervello dei pazienti, di aggregati patogeni intraneuronali della proteina Tau. Quest'ultima svolge le sue funzioni fisiologiche attraverso un'ampia varietà di modifiche chimiche post-traduzionali. La nostra ricerca è partita dall'evidenza che, negli aggregati patologici, la proteina Tau è ubiquitinata, ossia alcuni aminoacidi legano una seconda proteina, l'ubiquitina; ci siamo quindi chiesti se la presenza dell'ubiquitina avesse un impatto nella formazione degli aggregati patologici», spiega Mariapina D'Onofrio.
«Attraverso un duplice approccio, enzimatico e semisintetico, abbiamo ottenuto, in vitro, campioni di proteina Tau modificata con questa seconda proteina e ne abbiamo studiato la capacità di formare aggregati fibrillari utilizzando tecniche di fluorescenza e microscopia. Il campione ottenuto per via enzimatica e caratterizzato mediante spettrometria di massa, contiene una miscela di Tau legata a ubiquitina in diverse posizioni ed è incapace di formare aggregati fibrillari» evidenzia D'Onofrio.
«L'uso di metodologie chimiche ha invece permesso di sintetizzare campioni di Tau legata ad una ubiquitina in tre posizioni definite lungo la sequenza di Tau.
Il Messaggero