Buone notizie dal fronte della lotta contro l’Aids: il vaccino sperimentale messo a punto dall’Istituto superiore di sanità sta dando risultati positivi, somministrato...
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L’effetto principale del “vaccino italiano” anti-Aids è lo stimolo che il sistema immunitario riceve dalla sua somministrazione (30 microgrammi della proteina Tat per un periodo che va dai 3 ai 5 mesi). L’inoculazione della proteina favorisce la produzione di anticorpi, aumentando le cellule T Cd4+, tra i bersagli del virus dell’immunodeficienza. I test sono stati condotti su 168 pazienti per tre anni, in 11 diversi centri di cura italiani. L’importanza di questi risultati sta nel fatto che nei soggetti trattati con il vaccino sperimentale è stato riscontrato un calo degli indicatori dell’Hiv latente, che – pur bloccando lo sviluppo dell’infezione – può creare complicazioni successive, come l’insorgenza di malattie non direttamente legate all’Aids.
Siamo alla seconda fase di sperimentazione: ora si dovrà attendere il terzo e ultimo step, prima di poter dire una parola definitiva sulla riuscita di una pratica preventiva che finora non era stata raggiunta e che, tra gli obiettivi perseguiti in questi anni, rappresenterebbe uno straordinario successo: fermare il contagio da Hiv, da cui - in assenza di cure adeguate - la malattia si sviluppa. Tra gli errori più comuni c’è infatti la sovrapposizione tra Hiv e Aids: un’errata informazione tende a farli coincidere, quasi come se fossero sinonimi. Niente di più sbagliato: l’Hiv è il virus portatore di immuno-deficienza, l’Aids è la malattia degenerativa che da esso, senza trattamenti sanitari, si può sviluppare.
Sembra, insomma, avvicinarsi l’obiettivo auspicato durante l’ultima conferenza mondiale sulla lotta all’Aids, tenutasi a Melbourne lo scorso luglio: sconfiggere definitivamente la malattia entro il 2030. Un risultato che richiede ancora molti sforzi, se si guarda ad alcuni dati: negli Stati Uniti, ad esempio, l’Aids è la seconda causa di morte tra i giovani; nell’Africa sub-sahariana, dove l’epidemia è ancora una vera emergenza, si è alla prima causa di morte in tutte le età.
In Italia le cifre sono più confortanti: la mortalità da Aids è la più bassa del mondo, con 23 mila sieropositivi attualmente in cura. Se, infatti, il numero di nuove diagnosi, sia di Hiv sia di Aids, è stabile, e i decessi diminuiscono sensibilmente per effetto delle cure attualmente disponibili (ma aumenta l’età media in cui viene diagnosticata l’infezione), la vera urgenza cui ora si cerca di rimediare è la tempestività delle diagnosi: prima si interviene, prima si va verso un miglioramento generale della situazione. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero