Calano lievemente nel 2016 le nuove diagnosi di Hiv in Italia, stabilizzandosi a 3.451 casi, per la prima volta sotto la soglia dei 3.500. Ma non si può cantare vittoria,...
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È la fotografia del fenomeno tracciata dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, a pochi giorni dalla Giornata mondiale per la lotta all'Aids del 1 dicembre. «Con l'Hiv non si scherza», è il monito lanciato dal ministro, ed è anche lo slogan della nuova campagna di comunicazione sull'Hiv-Aids presentata oggi.
I dati innanzitutto: sulla base delle ultime rilevazioni dell'Istituto superiore di sanità (Iss), nel 2016 sono state dunque riportate 3.451 nuove diagnosi di Hiv. Si è osservato un aumento dell'età media alla diagnosi, nonchè un cambiamento delle modalità di trasmissione: diminuisce la proporzione di consumatori di sostanze per via iniettiva, ma aumenta la proporzione dei casi attribuibili a trasmissione sessuale.
Sempre nel 2016 sono stati segnalati 778 casi di Aids conclamato e oltre il 50% dei casi segnalati era costituito da persone che non sapevano di essere Hiv positive. Le regioni con l'incidenza più alta sono Lazio, Marche, Toscana e Lombardia. Aumentano le diagnosi di Hiv tra gli stranieri che vivono in Italia: sono il 35,8%, pari ad un terzo del totale. Per numero di casi, l'Italia si colloca al 13esimo posto in Europa, a parità con la Grecia.
Insomma, i numeri sono ancora allarmanti, soprattutto perchè, ha spiegato Lorenzin, «si è abbassata la percezione del pericolo proprio tra i più giovani. Per questo, sono ricomparse anche malattie che sembravano dimenticate, come sifilide e gonorrea. La priorità è quindi innalzare immediatamente il livello di attenzione su Aids e malattie sessualmente trasmesse, perchè c'è poca consapevolezza». Sono i numeri di «una guerra, con 69mila casi dall'inizio dell'epidemia nel 1982 e 44mila morti al 2014», ha ricordato il direttore del Dipartimento Malattie infettive Iss, Gianni Rezza. Purtroppo, ha rilevato, «la percezione del rischio diventa sempre più bassa, tanto che vediamo un aumento relativo nella percentuale di casi proprio tra i giovani con meno di 25 anni, e questo è dovuto alla perdita di una memoria generazionale su questa malattia».
Il rischio per i giovani, inoltre, corre sempre di più sul web: proprio la rete e le app sono infatti sempre di più utilizzate per incontri pericolosi, come emerge da un'indagine pilota su 131 uomini gay condotta dal telefono verde Aids dell'Iss.
Il Messaggero