Fiumicino, nuova vita per l'uomo di Vitruvio, opera simbolo del terminal 3

Fiumicino, nuova vita per l'uomo di Vitruvio, opera simbolo del terminal 3
Tre mesi di lavoro, la regia meticolosa di Mario Ceroli, il maestro che aveva creato l'Uomo di Vitruvio, tornato per restituirgli nuova vita: così è...

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Tre mesi di lavoro, la regia meticolosa di Mario Ceroli, il maestro che aveva creato l'Uomo di Vitruvio, tornato per restituirgli nuova vita: così è rinata la scultura simbolo dell'aeroporto di Fiumicino.  Ammirato dai passeggeri, ma usato anche come punto di riferimento per gli appuintamenti nel Terminal 3, l'Uomo di Vitruvio fu realizzato cinquant'anni fa da Ceroli in legno e ferro.


Ricordano ad Adr (Aeroporti di Roma, la società di gestione): «L'opera dell’artista abruzzese è diventata l’emblema dello scalo e anche il meeting point di eccellenza per i viaggiatori italiani e di tutto il mondo che si sono, negli anni, dati appuntamento davanti alla scultura, per un abbraccio di commiato o di benvenuto. Un simbolo che, nell’epoca del selfie, offre uno sfondo d’eccezione in un luogo come l’aeroporto dove, tendenzialmente, nella percezione pubblica, non ci si attende di trovare un’opera d’arte a disposizione».

Bene, a cinquant'anni dalla sua realizzazione, l'Uomo di Vitruvio necessitiva di un intervento di restauro e la società di gestione guidata da Ugo De Carolis ha contattato Ceroli chiedendogli di coordinare l'intervento. Lo scultore ha accettato entusiasta e ha spiegato: «Io a questi pezzi di legno devo molto, mi hanno insegnato tantissime cose, l’educazione. Mi fanno stare bene, faccio un lavoro privilegiato».


Cosa è stato fatto per ridare nuova vita all'opera? Raccontano ad Adr: «Riposizionata quasi al centro della hall partenze del Terminal 3, il Maestro Ceroli ha rielaborato e attualizzato l’opera nel contesto aeroportuale, senza volerla semplicemente restaurare. Pensando al viaggio e alle possibilità che il traffico aereo rappresentano, in termini di connessione e sviluppo, l’artista si è ispirato al viaggio della sonda aerospaziale che Esa ha lanciato su Marte nel 2016. Ed è così che il basamento di marmo nero, che tutti ricordano sotto la scultura precedente, ha lasciato il posto a un basso piedistallo esagonale, in ferro e pannelli di vetro che richiama la sonda spaziale. Al suo interno, il basamento/sonda ospita una quantità indefinita di “pezzi di vetro”  frantumato e alcune forme, poco riconoscibili, come la mano dell’artista stesso o delle ali, simbolo del volo e quindi dello scalo, che lo scultore ha inserito come “firma” della nuova opera in vetro, ferro e legno». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero