OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Manifestare è lecito, perfino utile. Scassare, depredare, danneggiare la città è reato. Fissiamo almeno questi elementari concetti come punti fermi non negoziabili. Dovrebbe infatti poter bastare questo semplice distinguo da parte dei responsabili dell’ordine pubblico. Essi sarebbero in grado di decidere come trattare i raduni che si annunciano per sabato prossimo: autorizzarli o vietarli.
E imparare dal passato ricco di precedenti, perché troppo spesso il centro di Roma, con il suo patrimonio artistico e culturale, è stato preso d’assalto e vandalizzato. Sì, perché in queste più o meno vaste assemblee a cielo aperto, in modus operandi è consolidato: riunirsi, sfidare i cordoni anti-sommossa con lancio di petardi e bombe carta, e poi quando si fa buio e il traffico si disperde o si paralizza, ecco che si materializza il copione degli assalti, delle vetrine spaccate, dei saccheggi e degli incendi dei cassonetti o, peggio, delle auto in sosta.
Mascherine tricolori a Campo de’ Fiori, centri sociali in fritto misto a Piazza dell’Indipendenza (non autorizzate dalla Questura) sono, domani, le incognite di una settimana che ha già imposto a Roma, sabato e martedì scorsi, lunghe, pesantissime ore di caos. Così anche le legittime proteste in un clima di complesse sofferenze aprono varchi all’infiltrazione che se ne fa scudo. Adesso diventa perentorio evitare che certe scene si ripetano. Non può valere all’infinito la dialogante tolleranza del Viminale se il menù di giornata, alla fine, prevede sempre lo stesso piatto: la Capitale a ferro e fuoco.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero