Il degrado di Termini richiede più coraggio

Il degrado di Termini richiede più coraggio
Liti che finiscono in zuffe, scippi come lampi nella notte, luccicare di coltelli di cui poi si occupano al Pronto Soccorso del Policlinico, e poi l’aggirarsi di sbandati...

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Liti che finiscono in zuffe, scippi come lampi nella notte, luccicare di coltelli di cui poi si occupano al Pronto Soccorso del Policlinico, e poi l’aggirarsi di sbandati senza fissa dimora che la dimora la fissano sui marciapiedi della stazione. Piazza dei Cinquecento avvolta in un degrado maleodorante, intendiamoci, non servono dettagli, vagabondi che si consolano col vino al cartoccio e smaltiscono dove capita: a dir poco, anzi a voler minimizzare, questo è il quadro della vivibilità intorno e dentro la stazione Termini.

Chi ci va per prendere un treno (e magari come è avvenuto ieri, causa terremoto a Napoli, deve aspettare tre ore) sa che quel quadrante è da considerarsi a rischio, può capitare di tutto. E capita di tutto. Bivacchi permanenti s’intrecciano con blitz criminali, autori il più delle volte sbandati che rastrellano soldi e oggetti con l’intimidazione, la minaccia, lo sgarro. Ciclicamente le forze dell’ordine, in aiuto a quelle stanziali, lanciano offensive alla candeggina, forti e tuttavia evanescenti, tanto che tutto torna alla “normalità” della stazione: zona franca, una landa che somiglia a un lembo di jungla. Ministro dell’Interno, prefetto e questore lanciano periodiche offensive ma la realtà, il diario su questa fetta di città, ci dicono che non basta. Serve di più, forse anche più coraggio. Chi è costretto a utilizzare Termini è pervaso da un sentimento avvolgente: prendere un taxi e scappare in fretta. Sì, ma a Termini chi lo trova quel taxi? Questa però è un’altra storia.


graldi@hotmail.com

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Il Messaggero