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Giro d’Italia al traguardo dei Fori, i cavalli saltatori al gran finale a piazza di Siena, l’Olimpico sold out per il calcio: questo il quadro degli eventi della domenica. Risultato: il calvario del cittadino e del turista per il taxi introvabile, irraggiungibile, assente. A caro prezzo migliaia di aspiranti passeggeri hanno pagato tra rabbia e ritardi infiniti la ricerca di una auto pubblica. Se è vero che il taxi accoglie, accompagna, guida, mostra, risolve in tempi normali ora la frequenza delle eccezioni, per i più diversi motivi, produce piccole, dolorose catastrofi personali e collettive. Raggiungere Termini o gli aeroporti, per quasi tutta la giornata, è risultato un’impresa titanica da scommessa: chi lo troverà riceverà tre corse gratis in premio. Nessuno avrebbe riscosso quel riconoscimento perché i taxi, l’altro ieri, erano pochissimi, occupatissimi, irraggiungibili via telefono, assenti alle stazioni, presi d’assalto quei pochi in circolazione. Se è vero che anche il taxi è un biglietto da visita verso un turismo che è ricomparso gioioso e generoso dopo lunghe latitanze è altrettanto vero che così facendo, oltre al disservizio, calpestiamo l’immagine e la sostanza della nostra capacità organizzativa. Ci sono 7.672 licenze, qualche stima ne chiederebbe 8.600, i tassisti si lamentano ma intanto le stesse licenze costano quanto un appartamento. Ne servirebbero di più. Le ultime stime sul fabbisogno risalgono ai tempi di Veltroni sindaco, vent’anni fa. La categoria è ostica, tosta, dura, mette paura. Guai a chi la tocca. Insomma, siamo al matrimonio tra il danno e la beffa.
graldi@hotmail.com
Il Messaggero