Mauro Maré: «I fondi di sanità integrativi? Sono troppi»

Mauro Maré
I fondi di sanità integrativi presenti sul mercato sono troppi: è un'opinione autorevole, quella di Mauro Maré, professore di economia, consigliere...

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I fondi di sanità integrativi presenti sul mercato sono troppi: è un'opinione autorevole, quella di Mauro Maré, professore di economia, consigliere economico del Mef e in particolare del ministro Padoan, presidente del Mefop, la società controllata dal Mef e nata per studiare l'evoluzione dei fondi di previdenza complementare. Oltre ai fondi pensione Mefop studia da anni quelli nati per integrare le prestazioni di tipo sanitario.


"Da anni Mefop svolge una indagine presso i lavoratori - afferma Maré in una intervista concessa alla newsletter specializzata "Welfare 4.0" - ed è ormai evidente che si è consolidata la convinzione che il sistema pubblico di welfare sia destinato a coprire sempre meno le necessità di prestazioni previdenziali e sanitarie. Si è capito che ci si deve dotare di un secondo pilastro, anche per il sistema salute".

Negli anni sono nati oltre 400 fondi sanitari, per i quali - a differenza di quelli previdenziali vigilati da  un'authority, la Covip​ - basta l'iscrizione a una anagrafe tenuta presso il Ministero della Salute. Un po' poco per la delicatezza del tema.

"Sono troppi. Se poi ci chiediamo come ridurli il tema si fa spinoso. Ho grande rispetto delle parti  sociali e dell'autonomia dei loro accordi. Ma occorrono criteri e se servono norme per procedere a una riduzione di questa platea". Il  numero degli iscritti e le masse amministrate sono criteri che potrebbero essere utilizzati per favorire un accorpamento dei più piccoli nei più grandi. Il rischio di avere più amministratori che amministrati dovrebbe essere fugato. Così coome si dovrebbero introdurre criteri di vigilanza, per assicurare trasparenza: "I cittadini che si affidano alle prestazioni di un fondo devono essere messi nelle condizioni di conoscere come agisce, come viene amministrato, quali garanzie offre". Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero